La completa aderenza alla terapia è pari allo zero e la compliance scarsa in oltre la metà dei pazienti (54%)
Mercoledì scorso è stato presentato al Ministero della Salute il rapporto dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR) sulla qualità di cura e di vita delle persone con malattie reumatiche, un’indagine a doppio taglio che ha valutato non solo il punto di vista del paziente ma anche quello del clinico. Realizzato da ANMAR con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lo studio 'WE CARE' ha coinvolto 364 individui affetti da patologie reumatologiche e ha intervistato 182 medici reumatologi sparsi in tutto il territorio italiano.
Secondo il rapporto, la maggior parte dei pazienti giudica molto scarsa la propria qualità della vita (QOL): 8 su 10 riferiscono una QOL scadente, soprattutto nei casi di artrite reumatoide e spondiloartrite. Ad influire negativamente sul vissuto quotidiano dei pazienti è soprattutto il dolore causato dalla malattia (per il 93% del campione) e le problematiche psicologiche correlate, come depressione (per il 93% del campione) e ansia (per l’84% del campione).
La totalità dei pazienti intervistati dichiara di non essere perfettamente aderente alla terapia, cioè di non assumere i farmaci in totale accordo con le indicazioni mediche: circa il 46% dei pazienti è poco aderente, quindi dimentica spesso di prendere i farmaci prescritti; il 54% segue il piano terapeutico in maniera parziale. Anche i livelli di engagement del paziente, ossia di coinvolgimento del malato nella gestione della propria condizione di salute, risultano essere molto bassi. Tuttavia, al crescere del livello di engagement - evidenzia il rapporto - anche l’aderenza alle terapie migliora.
E' interessante notare che l’assistenza è ritenuta soddisfacente dalla maggioranza dei pazienti: il 60% considera adeguata la continuità assistenziale, i tempi della diagnosi, la presa in carico e la costanza del clinico di riferimento. A dichiararsi non soddisfatto è il 30% dei pazienti, tra cui più donne che uomini. “Forse perché sulle donne pesa maggiormente il carico della vita familiare e la necessità di far conciliare i ritmi lavorativi con la sfera privata”, ha commentato Silvia Tonolo, Presidente Nazionale ANMAR. “Ecco che una diagnosi di malattia reumatica può creare un vero trauma in una donna, soprattutto se in giovane età. Le malattie reumatiche, infatti, non sono ancora percepite dall’opinione pubblica come fortemente invalidanti e un altro pregiudizio le vuole, invece, tipiche di un’età matura. Eppure colpiscono anche persone in età giovanile e possono essere fortemente compromettenti per tutte le fasce di età, danneggiando, come evidenziato dallo studio presentato oggi, anche lo stato psicologico”.
Il rapporto evidenzia un altro aspetto importante: ad incidere in modo preponderante sull’aderenza alle cure è la mancata considerazione, da parte del reumatologo, del paziente nella sua interezza, visto, quindi, non solo dal punto di vista della sua cartella clinica ma come una persona con una storia da raccontare. Inoltre, nel confronto fra reumatologo e paziente, per il medico la gestione psicologica del paziente è secondaria, mentre per il malato l'insoddisfazione è legata proprio all'area che riguarda la relazione e la comunicazione con lo specialista e la comprensione dei propri bisogni psicologici. “E’ necessario migliorare la comunicazione medico e paziente”, ha spiegato il Prof. Mauro Galeazzi, presidente SIR. “Noi reumatologi siamo molto interessati ad andare incontro ai bisogni del paziente, e l'esperienza di questo progetto condiviso ne è un importante esempio. Non dimentichiamo che medico e paziente non sono nemici tra loro ma alleati contro un nemico unico: la malattia. D’altra parte, va sottolineato che noi specialisti ci troviamo spesso a lavorare in condizioni precarie. Per questo ritengo indispensabile lavorare ad un cambio del modello organizzativo socio sanitario che preveda da un lato più servizi al paziente, come ad esempio l'assistenza psicologica, dall’altro lato un sistema che riduca ai medici le pressioni di natura meramente economica e con un’ottica a breve periodo sulla scelta del piano terapeutico. Solo partendo da queste condizioni - ha concluso il presidente SIR - si può davvero costruire un’alleanza medico-paziente e porre le basi del superamento delle criticità emerse nel rapporto ANMAR”.