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Benjamin RauchUna proteina inibitrice è in grado di agire come dispositivo di sicurezza, bloccando le applicazioni pericolose o fuori controllo di questa tecnologia ed evitando danni intenzionali o accidentali

SAN FRANCISCO (U.S.A.) – I ricercatori della University of California San Francisco hanno scoperto un modo per “spegnere” il sistema di editing genetico CRISPR-Cas9, tramite delle proteine recentemente identificate che sono prodotte da virus batterici. La tecnica ha il potenziale per migliorare la sicurezza e la precisione di queste applicazioni, sia nella ricerca di base che in quella clinica. Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Cell lo scorso 29 dicembre, è stato condotto da Benjamin Rauch, un ricercatore nel laboratorio del professor Joseph Bondy-Denomy, con altri cinque colleghi del dipartimento di Microbiologia e Immunologia dell'università californiana.

Il CRISPR-Cas9 si è evoluto nei batteri come un sistema immunitario che li protegge dalle infezioni virali, ma negli ultimi dieci anni ha entusiasmato sia i ricercatori che l'opinione pubblica come un sistema di modifica genetica, permettendo agli scienziati una rapida ed efficiente modifica delle informazioni contenute nei geni, e di ritoccarne l'attività potenzialmente in qualsiasi organismo.

Molti sperano che, tra le molte altre applicazioni, il CRISPR accelererà gli sforzi per il trattamento diretto delle malattie genetiche, ma la tecnologia non si è ancora dimostrata abbastanza precisa, producendo, insieme a quelle previste, delle modifiche occasionali e non volute. I ricercatori e i bioeticisti temono anche che questa tecnologia, per il suo grande potere e la sua facilità di utilizzo, possa causare dei danni, sia intenzionali che accidentali.

Le proteine anti-CRISPR di recente scoperta – le prime a funzionare contro il tipo di sistema più comunemente utilizzato dai laboratori di tutto il mondo e dalla fiorente industria di modifica genetica – potrebbero contribuire a risolvere entrambi i problemi, permettendo un controllo più preciso delle applicazioni, ma anche fornendo un dispositivo di emergenza per bloccare rapidamente qualsiasi uso potenzialmente nocivo della tecnologia”, ha spiegato Bondy-Denomy.

Per trovare questo interruttore, gli autori dello studio si sono ispirati alla “corsa agli armamenti” avvenuta un miliardo di anni fa tra virus e batteri, che ha prodotto lo stesso sistema CRISPR: “Proprio come questa tecnologia si è sviluppata a partire dai naturali sistemi di difesa anti-virali dei batteri, così anche noi possiamo sfruttare le proteine anti-CRISPR che i virus hanno scolpito per aggirare queste difese batteriche”, ha detto Rauch.

Alla ricerca dei batteri “self-targeting”

Per scoprire una proteina in grado di funzionare contro il tipo di sistema CRISPR-Cas9, che dipende da una proteina chiamata SpyCas9, così come le sue “forbici molecolari”, i ricercatori si sono serviti di un trucco intelligente: hanno pensato che avrebbero dovuto identificare i batteri con i sistemi CRISPR inattivati, cercando le prove del cosiddetto “self-targeting” (ceppi batterici dove alcuni virus superano con successo il blocco Cas9 e inseriscono i propri geni nel genoma batterico). Il team ha ipotizzato che questi fagi (virus che sfruttano i batteri) debbano codificare qualche agente anti-CRISPR, altrimenti il Cas9 avrebbe ucciso i batteri, tagliando la parte del proprio genoma in cui era stato inserito il DNA virale.

“Il Cas9 non è molto intelligente”, ha detto Bondy-Denomy. “Non è in grado di evitare di tagliare il proprio DNA nel batterio, se è programmato per farlo. Così abbiamo cercato ceppi di batteri in cui il sistema CRISPR-Cas9 avrebbe dovuto prendere di mira il proprio genoma: il fatto che le cellule non si autodistruggevano era un indizio che l'intero sistema CRISPR era inattivato”.

Utilizzando un approccio bioinformatico disegnato da Rauch, il team ha esaminato quasi 300 ceppi di Listeria, una specie di batteri famosa per il suo ruolo nelle malattie di origine alimentare, e ha scoperto che il 3 per cento dei ceppi si mostrava “self-targeting”. Ulteriori indagini hanno isolato quattro distinte proteine anti-CRISPR che si sono dimostrate capaci di bloccare l'attività della proteina Listeria Cas9, che è molto simile alla SpyCas9.

Ulteriori esperimenti hanno mostrato che due delle quattro proteine anti-CRISPR – denominate dai ricercatori AcrIIA2 e AcrIIA4 – lavoravano per inibire la capacità di SpyCas9 di colpire geni specifici in altri batteri – come Escherichia coli – e nelle cellule umane ingegnerizzate. I risultati suggeriscono che le proteine AcrIIA siano potenti inibitori del sistema di editing genetico CRISPR-Cas9, così come è stato adottato nei laboratori di tutto il mondo.

Il passo successivo è quello di mostrare che l'utilizzo di questi inibitori nelle cellule umane può effettivamente migliorare la precisione dell'editing genetico e ridurre gli effetti fuori obiettivo”, ha detto Rauch. “Vogliamo anche capire esattamente in che modo le proteine inibitrici bloccano la capacità del Cas9 di colpire i geni, e proseguire la ricerca di nuovi e migliori inibitori del CRISPR in altri batteri”.

L'interruttore potrebbe migliorare la precisione e la sicurezza

Rauch e Bondy-Denomy ritengono che la capacità di disattivare la SpyCas9 renderà l'editing genetico basato sul CRISPR molto più sicuro e preciso, risolvendo il problema di involontarie modificazioni genetiche fuori obiettivo, che diventano tanto più probabili quanto più i meccanismi di editing restano attivi nelle cellule bersaglio.

La scoperta potrebbe anche essere un vantaggio per gli scienziati che utilizzano le nuove tecniche sperimentate in parte alla University of California San Francisco – come l'interferenza e l'attivazione del CRISPR – che usano il Cas9 non per modificare sequenze di geni, ma per regolare con precisione la loro attività. Utilizzando le proteine anti-CRISPR, i ricercatori potrebbero aumentare o bloccare temporaneamente le attività dei geni, potenzialmente anche sincronizzando fasci di attività, come in una coreografia, in gruppi di geni interconnessi in tutto il genoma: questa potrebbe essere la chiave per lo studio e il trattamento di complesse malattie multigeniche.

Gli inibitori del CRISPR – sottolineano gli studiosi – potrebbero anche rivelarsi una preziosa garanzia, consentendo agli scienziati di fermare rapidamente qualsiasi applicazione di editing genetico al di fuori del laboratorio. “I ricercatori e il pubblico sono ragionevolmente preoccupati perché il CRISPR è così potente da poter essere usato per fini pericolosi”, ha detto Bondy-Denomy. “Questi inibitori forniscono un meccanismo per bloccare le applicazioni CRISPR nefaste o fuori controllo, e rendono più sicuri tutti i metodi attraverso i quali questa tecnologia può essere utilizzata per aiutare le persone”.

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