La prof.ssa Vincenza Calvaruso (AISF): “Fra le epatopatie rare, alcune lo sono solo a causa della bassa prevalenza, ma non hanno un codice specifico”
L'epatite C, in Italia, potrà mai diventare una malattia rara? Sì, e l'orizzonte temporale per raggiungere questo obiettivo – premessa per la completa eradicazione della patologia – è incoraggiante: solo pochi anni. Ne è convinta la prof.ssa Vincenza Calvaruso, segretario nazionale dell'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF).
“Nel nostro Paese l'epatite C (HCV) ha una prevalenza che si attesta intorno allo 0,8-1%; sono già stati trattati circa 250.000 pazienti e si stima che altri 200.000 necessitino ancora di trattamento”, sottolinea. “Affinché l'epatite C si possa trasformare in una malattia rara, è necessario implementare uno screening adeguato che riesca a identificare almeno l'80-90% dei pazienti mancanti. Attualmente, l'operazione di screening ha permesso l'identificazione di circa 10.000 pazienti su un milione analizzato, e ciò indica la necessità di un lavoro continuativo e intenso nel prossimo futuro. Considerando un milione di screening annui, sarebbero necessari almeno altri 8-10 anni per raggiungere questa condizione, quindi siamo ancora lontani dall'obiettivo”, spiega la prof.ssa Calvaruso.
“Per ora, nel contesto delle epatiti virali, l’unica patologia con una prevalenza così bassa da poter essere definita rara è l'epatite Delta (HDV), con un numero approssimativo in Italia di 10-12.000 pazienti. È certamente meno diffusa del ceppo C, ma quest'ultimo presenta ancora numeri significativi e diffusi, nonostante la sua prevalenza sia inferiore”.
La prof.ssa Calvaruso è membro del consiglio direttivo di ACE – Alleanza Contro le Epatiti, che nasce nel 2012 dalla collaborazione tra AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato), SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e l'Associazione Pazienti “EpaC – ETS”, con l'obiettivo di coordinare strategie nazionali e regionali per l'eliminazione dell'epatite C. Da allora, ACE ha costantemente promosso eventi formativi e divulgativi per sensibilizzare gli attori chiave del sistema sanitario sull'importanza prioritaria individuata dall'OMS: eradicare l'epatite C entro il 2030. Nel 2024 l'Alleanza ha rinnovato il suo impegno per garantire un accesso equo e trattamenti adeguati ai pazienti affetti da epatopatie. Le priorità rimangono la promozione dello screening, la cura e la gestione efficace delle malattie epatiche, con particolare attenzione alla loro diagnosi tempestiva. Questo impegno mira a creare un futuro migliore per coloro che affrontano le sfide legate alle epatopatie.
EPATOPATIE RARE: L'IMPEGNO DI AISF
“L'impegno costante e duraturo dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato si manifesta attraverso una serie di attività che includono divulgazione scientifica e formazione, con particolare attenzione alle malattie rare del fegato”, prosegue la gastroenterologa. “L'AISF dispone di una commissione dedicata alle malattie rare, istituita diversi anni fa per gestire non solo gli aspetti scientifici, ma anche le interazioni istituzionali necessarie in alcune situazioni. Sebbene le malattie rare presentino peculiarità che suscitano maggiore interesse in determinati momenti – ad esempio durante l'introduzione di terapie innovative – l'impegno di AISF è sempre focalizzato all'informazione e formazione dei professionisti nell'identificazione, gestione e cura delle malattie rare del fegato, per garantire ai nostri pazienti una diagnosi precoce e l’avvio alle cure più adeguate”.
Un altro aspetto rilevante è la stretta collaborazione con le associazioni di pazienti in quest'ambito. “Questa collaborazione ha per noi carattere fondamentale, dal momento che consente di avere una visione più completa delle necessità cliniche nel campo delle malattie rare. Nel 2019, ad esempio, alle malattie autoimmuni del fegato è stata dedicata un'intera sessione monotematica. Inoltre, AISF si trova nelle fasi finali della redazione di un libro bianco sulle malattie epatiche, in cui sono trattate sia le condizioni di origine genetica che quelle di natura autoimmunitaria. In particolare, è stato riservato ampio spazio alle malattie rare del fegato, e un approfondimento è stato dedicato alle malattie autoimmuni e colestatiche, che sono comunemente considerate malattie rare”.
RARE, MA NON TUTTE RICONOSCIUTE COME TALI
“Le malattie rare, in generale, sono condizioni croniche di base genetica e immunitaria. Ci sono malattie rare propriamente dette tali, dove la rarità è certificata dall’assegnazione di un codice specifico, mentre le patologie epatiche rare sono tali solo per via della loro bassa prevalenza”, sottolinea il segretario nazionale AISF. “Ci sono vari gruppi di lavoro all'interno dell'associazione, focalizzati principalmente sulle patologie autoimmuni del fegato. Dalla distinzione tra le malattie considerate rare con un codice specifico e quelle senza, nel primo gruppo riconosciamo la colangite sclerosante primitiva, le colestasi genetiche come la colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC), la malattia di Wilson e il deficit di alfa-1-antitripsina (AATD)”.
“L'emocromatosi, insieme alla malattia di Wilson, alle colestasi ereditarie e alle malattie da accumulo lisosomiale, sono le più conosciute e sono state incluse nel libro bianco AISF, in fase di completamento. Anche se ci sono altre malattie rare di natura colestatica o genetica, sono così rare che non vengono trattate frequentemente”, conclude la prof.ssa Calvaruso. “Le malattie rare senza un codice specifico, invece, comprendono la colangite biliare primitiva, l'epatite autoimmune e le colangiti da IgG4”.
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