Secondo uno studio discusso in occasione della 53° “Interscience Conference on Antimicrobial Agents and Chemotherapy”, e riportato da Pharmastar, le terapie antiretrovirali (ART) basate sul farmaco raltegravir, applicate alle donne in gravidanza sieropositive al virus HIV, sarebbero sicure ed efficaci per abbattere la carica virale e ridurre quanto più possibile la trasmissione verticale.
Le terapie antiretrovirali sono necessarie alle donne in gravidanza che scoprono di essere state infettate dal virus HIV. Il problema che immediatamente si pone, però, è che alcuni farmaci, soprattutto se assunti nei primi 3 mesi di gravidanza, possono avere pesanti effetti collaterali e creare persino danni e malformazioni al feto.
Esistono farmaci già riconosciuti come sicuri ed efficaci (zidovudina e nevirapina) che vengono impiegati nella pratica clinica ma è necessario individuare nuove vie terapeutiche e farmaci meglio tollerati.
Secondo l'autore principale dello studio Vincent Jeantils, del Jean Verdier Hospital di Bondy (Francia), e i suoi collaboratori è urgente definire il profilo di sicurezza dei nuovi antiretrovirali come raltegravir (inibitore delle integrasi virali) a causa della resistenza diffusa ai farmaci che alcune donne presentano e per quelle gestanti a cui viene diagnosticata l'infezione alla fine della gravidanza e hanno necessità di abbassare urgentemente la carica virale.
Lo studio francese, partito nel 2008, ha coinvolto 31 gestanti tra i 18 e i 44 anni, di cui l'80% nere e 3 con una co-infezione da virus dell'epatite. La durata media dell'assunzione di raltegravir è stata di 71 giorni. Il 60% delle pazienti assumeva contemporaneamente un farmaco inibitore delle proteasi e il 40% una combinazione di farmaci tenofovir/emtricitabina.
Le donne sono state sottoposte mensilmente a controlli per la loro sicurezza e quella del feto e al momento del travaglio e del parto tutte (tranne 1) sono state trattate con terapia AZT (zidovudina).
Nell'80% dei casi, al momento del parto, la viremia non era rilevabile, la gravidanza ha avuto una durata media di 38 settimane, alla nascita tutti i bambini presentavano valori normali di peso, lunghezza e indice di Apgar e nessun neonato presentava malformazioni.
Jeantils ha segnalato che fino ad oggi l'Antiretroviral Pregnancy Registry ha ricevuto tre segnalazioni di difetti congeniti tra i 119 neonati esposti a raltegravir durante il primo trimestre e sei tra i 109 esposti durante il secondo o terzo trimestre di gravidanza.
I ricercatori sostengono, dunque, che la terapia antiretrovirale contenente raltegravir sembra essere sicura sia per le madri sia per i neonati e aggiungono che tale regime terapeutico "offre una nuova e promettente strategia”. Infatti, oltre alla sicurezza, tale via terapeutica offre vantaggi quali: la rapidità nella sua azione antiretrovirale, l’assenza di tossicità embrionale o fetale (dimostrata negli studi su animali) e l’alto trasferimento placentare.
Raltegravir è in grado di penetrare nel liquido cerebrospinale, in quello seminale e nel fluido cervico-vaginale e si mantiene a livelli terapeutici nei neonati per diversi giorni dopo il parto.
Considerando tali aspetti gli autori sostengono che questa via terapeutica potrebbe rappresentare una valida alternativa al trattamento con nevirapina, nelle donne che scoprono di essere sieropositive in una fase avanzata della gravidanza.