Lo Sportello Legale OMaR: “Negata l’applicazione di un principio generale sancito dall’Unione Europea e dal diritto internazionale”
Nicolò è un bambino che vuole diventare autonomo. Ha nove anni, vive a San Giorgio Jonico in provincia di Taranto e ha appena cominciato la quarta elementare. “Ha espresso il desiderio di andare a scuola con lo scuolabus come tanti bambini del paese e noi genitori abbiamo accolto con favore la sua richiesta: è normale che voglia diventare più indipendente e stare insieme ai suoi coetanei”, racconta al telefono il papà, Luca Napolitano. “Purtroppo, però, non c’è stato niente da fare: il Comune non dispone di un mezzo adatto a portarlo a scuola”. Nicolò ha una paraparesi spastica ereditaria, si sposta in sedia a ruote e ha qualche difficoltà di linguaggio, che non compromette la capacità di apprendimento. “Ma per lui non è disponibile nessun pullmino giallo come per i circa novanta bambini di San Giorgio Jonico che usufruiscono ogni giorno del servizio messo a disposizione dal Comune per raggiungere la scuola”, insiste il padre.
In passato, quando frequentava ancora la scuola per l’infanzia, Nicolò ha rischiato di dover rinunciare a una visita al vivaio perché il pullman che doveva accompagnare i bambini non prevedeva la possibilità di trasportare una sedia a ruote. “Ci avevano proposto un pullmino a parte – prosegue Luca – ma noi ci siamo categoricamente rifiutati, perché volevamo che andasse insieme agli altri. Alla fine abbiamo accettato il compromesso di farlo viaggiare seduto sulle ginocchia della maestra”. Oggi la situazione è più meno la stessa di allora, con l’aggravante che non si tratta più di una gita di un giorno, bensì del trasporto per l’intero anno scolastico. Lo scorso luglio, infatti, la famiglia Napolitano ha fatto richiesta di trasporto scolastico all’amministrazione comunale “ma nel modulo predisposto dal Comune per fare la domanda non veniva chiesto di specificare la presenza di esigenze particolari dovute a una qualche condizione di disabilità”, sottolinea Luca. “Successivamente, in un incontro di persona, mi è stato spiegato che le gare d’appalto erano già state effettuate e che la legge prevede soltanto la garanzia del servizio: significa che, non disponendo di uno scuolabus attrezzato per il trasporto di persone disabili, l’amministrazione comunale potrebbe garantire il servizio attraverso qualsiasi altro mezzo”.
Questa versione risulta confermata da una lettera inviata dalla stessa Area Politiche Sociali, Pubblica Istruzione, Cultura e Sport del Comune di San Giorgio Jonico, in cui si dichiara l’impossibilità di soddisfare la richiesta della famiglia Napolitano per tre ragioni principali: nessuno dei tre mezzi in uso è attrezzato per il trasporto delle persone disabili; la ditta affidataria non ha al momento alcuna disponibilità di scuolabus attrezzati nel parco automezzi; l’allestimento di uno scuolabus attrezzato richiederebbe tempi non brevi, per via dei ritardi e dei disservizi causati dalla pandemia, oltre naturalmente a un costo elevato, cui il Comune dovrebbe fare fronte con un’apposita variazione di bilancio, visto che al momento non sono disponibili risorse finanziarie. Qualora, però, il trasporto del bambino si dovesse rendere necessario – si legge sempre nella lettera – il Comune potrebbe adibire a trasporto scolastico un veicolo da otto posti “attrezzato per soggetti diversamente abili, previo reperimento del personale necessario da impiegare nel servizio e adeguate risorse finanziarie per sopportarne gli oneri”. Tutto a posto allora? Neanche per idea. “Il pullmino a otto posti non è uno scuolabus”, conclude Luca. “Noi nostro figlio possiamo anche portarlo a scuola da soli e così faremo per l’intero anno scolastico 2021-2022. Chiediamo solo che Nicolò abbia le stesse opportunità degli altri ragazzi, anche sotto il profilo della socializzazione. Non chiediamo favori, vogliamo soltanto inclusione”.
“Per quanto riguarda la normativa nazionale applicabile – commenta lo Sportello Legale OMaR – il punto di riferimento in materia è la legge n. 104/1992 che ha ripreso e sviluppato le disposizioni dell’articolo 28 della legge n. 118 del 1971, che prevede, nell'ambito del diritto dei disabili a frequentare la scuola dell'obbligo e i corsi di formazione professionale finanziati dallo Stato, il trasporto gratuito dalla propria abitazione fino alla sede della scuola o del corso e viceversa. In particolare, l'art. 8 della legge n. 104 del 1992, nell'ambito delle misure di inserimento e di integrazione sociale del disabile, prevede l’effettività del diritto allo studio e il diritto ad avvalersi di trasporti specifici. Queste previsioni servono a rendere effettiva l’attuazione delle leggi sul diritto all’istruzione dei disabili previste dagli articoli 12 e 13 della legge 104. Spetta poi ai Comuni assicurare le modalità di trasporto individuali per gli alunni con handicap che non sono in grado di servirsi dei mezzi pubblici.”
“La sostanza - sintetizzano le esperte dello Sportello Legale OMaR - è che i Comuni sono chiamati a dotarsi di mezzi idonei e di personale specializzato al fine di assicurare il servizio di trasporto. Questo, stando alla normativa italiana, sembra essere sufficiente a garantire l’inclusione in quanto funzionale ad assicurare il diritto all'educazione e all'istruzione. La medesima normativa, nel momento in cui definisce gli strumenti attraverso i quali garantire l’integrazione scolastica, nell'art. 13 della legge n. 104 del 1992, non fa chiaro riferimento alle modalità con cui il trasporto deve essere attuato e dunque non valuta che per realizzare appieno l’inclusione è necessario considerare tutti i momenti legati allo svolgimento della vita scolastica, anche il tempio impiegato per raggiungere la scuola.”
“La storia di Nicolò è quella di tanti altri bambini e ragazzi a cui, purtroppo, viene negata l’applicazione di un principio generale sancito dall’Unione Europea e dal diritto internazionale”, conclude lo Sportello legale di OMaR. “La Convenzione ONU del 20 novembre 1959 (ratificata in Italia dalla legge n. 18 del 2009), infatti, assicura che le persone con disabilità possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti. E ancora, la Convenzione internazionale sui diritti delle persone disabili, sottoscritta a New York il 13 dicembre del 2006 (esecutiva in Italia dal 2009), prevede che i Paesi aderenti debbano promuovere i provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sulla disabilità, non solo per ciò che concerne l’integrazione scolastica, ma anche per facilitare la partecipazione alla vita di comunità. La Convenzione afferma quindi il diritto ad un sistema inclusivo a tutti i livelli. Ebbene, nel caso di Nicolò, sembra che i principi ispiratori delle due Convenzioni non siano rispettati, poiché la pari opportunità viene meno se l’alunno disabile è costretto a viaggiare su un mezzo diverso da quello su cui viaggiano i suoi compagni e, inoltre, la partecipazione alla vita di comunità non viene facilitata in alcun modo.”