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PERUGIA – Un progetto finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca sta conducendo uno studio innovativo su una rara forma di leucemia, dimostrando l'efficacia sui pazienti di trattamenti non basati sulla chemioterapia, che colpiscono la sua causa genetica. Il progetto “Leucemia a cellule capellute”, lanciato dall'Istituto di Ematologia dell'Università di Perugia, è una delle più importanti iniziative a livello mondiale per lo sviluppo di una terapia mirata per questa rara forma di tumore del sangue.

La leucemia a cellule capellute (LCC) rappresenta circa il 2% di tutte le leucemie, con circa 1.500 persone diagnosticate ogni anno nell'Unione Europea. Data la sua rarità, è stata oggetto di poche ricerche dalla fine degli anni '90, quando i composti chimici chiamati analoghi delle purine sono risultati efficaci nel trattamento chemioterapico, anche se con alcuni gravi effetti collaterali per i pazienti.

“La leucemia a cellule capellute è una forma unica e molto interessante di cancro che deve il suo nome alle insolite proiezioni, simili a capelli, che le cellule cancerose sviluppano”, spiega il prof. Enrico Tiacci, che per il suo progetto ha ricevuto un finanziamento dal Consiglio Europeo della Ricerca. “La LCC è diversa da molte altre forme di cancro, nel senso che non è geneticamente eterogenea: in quasi tutti i pazienti, presenta la stessa mutazione del gene BRAF, che controlla la crescita cellulare”.

L'omogeneità genetica e la semplicità rappresentano anche il tallone d'Achille della LCC, come ha scoperto Tiacci insieme al prof. Brunangelo Falini dell'Università di Perugia. Dopo aver identificato per primi una mutazione BRAF nota come V600E e coinvolta nello sviluppo della LCC, Tiacci e Falini si sono concentrati su una strategia di trattamento non basata sulla chemioterapia, guidata dalla genetica e progettata razionalmente per colpire la malattia. I loro studi li hanno portati a puntare sul farmaco vemurafenib, sviluppato dal gruppo farmaceutico Roche, che inibisce la mutazione BRAF.

Il vemurafenib, progettato per trattare il melanoma, una forma non collegata di cancro alla pelle che spesso presenta la stessa mutazione BRAF, è estremamente efficace in vitro, invertendo l'espressione genica che distingue le cellule LCC dalle cellule di altri tumori del sangue. Inoltre, come hanno riscontrato i ricercatori nel loro studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, induce le cellule a perdere le loro sporgenze simili a capelli, e alla fine le uccide.

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