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Non sempre la ridotta diffusione di un tumore può rappresentare un vantaggio nella battaglia contro quella stessa forma tumorale. Quella che ha l'aspetto di una provocazione o, peggio, di una mancanza di rispetto nei confronti di chi è malato costituisce, invece, un modo per sottolineare il ruolo centrale ricoperto dagli individui colpiti nella linea di trattamento da seguire per contrastare la malattia. Il carcinoma delle paratiroidi è una rarissima forma tumorale della quale si hanno poche informazioni: la sua incidenza stimata è di circa 1 caso per ogni milione di nati ogni anno e il tratto clinico più caratteristico è una severa forma di iperparatiroidismo con aumento del livello sierico di PTH, ormone chiave nella regolazione dei livelli di calcio e fosforo nel sangue.

Questo determina una seria disfunzione sia a livello osseo che renale con la necessità di ricorrere al trattamento chirurgico quanto prima: la terapia di riferimento per questo tipo di tumore consiste, infatti, nell'asportazione della paratiroide interessata e del lobo tiroideo omolaterale. L'intervento può estendersi ai tessuti molli limitrofi ed ai linfonodi e, nella maggior parte dei casi, si associa al trattamento radioterapico.

Tuttavia, data la scarsità di informazioni relative a questo tumore, non è stato raggiunto un consenso nella gestione e nel follow-up della malattia. Per tale ragione e in mancanza di studi multicentrici con casistiche allargate, è fondamentale che tutti i casi di carcinoma delle paratiroidi siano accuratamente studiati sotto ogni aspetto, dai tratti più classici della patologia a quelli meno comuni, al fine di creare un archivio di dati utili a rinforzare le conoscenze per individuare la terapia più efficace ed indirizzare la futura ricerca nell'identificazione di un bersaglio terapeutico preciso.

La pubblicazione sulla rivista International Journal of Surgery di una serie di casi di pazienti con carcinoma delle paratiroidi testimonia l'interesse medico per questa patologia oltre a predisporre un terreno di confronto fertile per tutti coloro che si occupano di questo raro tumore. I medici del Dipartimento di Chirurgia dell'Università di Cagliari hanno selezionato tra 319 pazienti  sottoposti a paratiroidectomia per iperparatiroidismo primario, quelli con una diagnosi isto-patologica di carcinoma delle paratiroidi. Solo 8 pazienti (2,5% di tutti i casi) sono risultati idonei: in tutti i casi, i livelli di PTH erano al di sopra dei limiti di normalità, mentre il livello di calcio era nell'intervallo di normalità solo in 2 casi. Tutti i pazienti hanno manifestato sintomi: nefrolitiasi in 5 casi, osteoporosi in 4, astenia in 3 e ulcera peptica in 2. La localizzazione pre-operatoria attraverso esami ad ultrasuoni e scintigrafia delle paratiroidi è stata eseguita in 6 casi e ha permesso una localizzazione specifica in 2 di essi. L'esame isto-patologico ha confermato in 7 casi un carcinoma delle paratiroidi a livello delle cellule principali e in 1 caso a livello delle cellule ossifile.

Gli autori sottolineano l'importanza della valutazione pre-operatoria e il corretto inquadramento della patologia che può presentarsi anche nel quadro delle MEN (neoplasie endocrine multiple). Il monitoraggio dei valori di calcio e di PTH è una strategia di grande utilità ed offre un'indicazione pesante della presenza del tumore nel momento in cui i livelli di calcio siano superiori a 14 mg/dL e quelli di PTH eccedano di 3-15 volte limiti di normalità. La chirurgia è l'arma terapeutica di riferimento ma non esiste ancora un consenso unanime sulla sua estensione, specialmente in riferimento alla linfadenectomia. I linfonodi, infatti, sono una delle principali sedi di metastasi che, spesso, si associano ad una prognosi infausta ma non esiste certezza scientifica che la rimozione profilattica dei linfonodi abbia un impatto decisivo sia sulla sopravvivenza sia sulla ripresa della malattia, la quale può essere evidenziata dall'innalzamento sierico del PTH. Infine, è importante stabilire un lungo periodo di monitoraggio ed osservazione dei pazienti dopo l'intervento chirurgico con rilevamento semestrale dei valori di calcemia e PTH allo scopo di identificare rapidamente eventuali recidive per poi stabilirne con esattezza la sede attraverso le tecniche di imaging.

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