Lo studio di fase III è stato effettuato su 260 pazienti reclutati da 45 centri ematologici in Francia
VILLEJUIF (FRANCIA) – Una breve e intensiva chemioterapia è lo standard di cura per i pazienti adulti affetti da leucemia o linfoma di Burkitt. I risultati degli studi a braccio singolo suggeriscono che l'aggiunta di rituximab a questi regimi potrebbe migliorare gli esiti del paziente. Un gruppo di ricercatori francesi ha testato questa possibilità in uno studio di fase III randomizzato e controllato, in aperto. I risultati sono apparsi sulla rivista Lancet.
I pazienti, di età superiore ai 18 anni, con linfoma di Burkitt HIV-negativo non trattato (inclusa la leucemia di Burkitt), sono stati reclutati da 45 centri ematologici in Francia. I criteri di esclusione erano le controindicazioni per ogni farmaco incluso nei regimi chemioterapici, qualsiasi grave comorbilità, scarsa funzione renale (concentrazione di creatinina superiore a 150 μmol/L) o epatica (cirrosi o precedente epatite B o C), gravidanza, o una storia di cancro ad eccezione dei tumori della pelle non-melanoma o dei carcinomi della cervice uterina allo stadio 0 (in situ). L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da eventi a 3 anni.
Tra il 14 ottobre 2004 e il 7 settembre 2010, 260 pazienti sono stati stratificati in due gruppi in base all'estensione della malattia: assenza (gruppo B) o presenza (gruppo C) di coinvolgimento del midollo osseo o del sistema nervoso centrale; sono stati poi ulteriormente stratificati nel gruppo C in base all'età (meno di 40 anni, fra i 40 e i 60 anni, e più di 60 anni) e al coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere iniezioni endovenose di rituximab e chemioterapia, o la sola chemioterapia. Il rituximab – 375 mg per metro quadrato di superficie corporea – è stato assunto il giorno 1 e il giorno 6 durante i primi due cicli di chemioterapia, per un totale di quattro infusioni.
Con un follow-up medio di 38 mesi, i pazienti del gruppo rituximab hanno avuto una migliore sopravvivenza libera da eventi a 3 anni (75%) rispetto a quelli che non avevano assunto il farmaco (62%). Gli eventi avversi non differivano tra i due gruppi di trattamento, e i più comuni sono stati di tipo infettivo ed ematologico. L'aggiunta di rituximab ad un breve programma di chemioterapia intensiva, negli adulti affetti da leucemia o linfoma di Burkitt, ha dunque dimostrato di migliorare la sopravvivenza libera da eventi.