La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha recentemente approvato la combinazione dell'inibitore di BRAF encorafenib (Braftovi®) e dell'inibitore di MEK binimetinib (Mektovi®) per il trattamento delle persone affette da melanoma non resecabile o metastatico con mutazioni nel gene BRAF. La FDA ha anche autorizzato l'uso del kit diagnostico THxID BRAF per l'identificazione dei pazienti eventualmente idonei a ricevere la nuova terapia combinatoria.
Tra il 40 e il 60% dei melanomi cutanei presenta mutazioni in BRAF, un proto-oncogene coinvolto nella via di trasduzione del segnale MAPK, direttamente implicata nei processi di proliferazione cellulare. Ciò ha infuso una spinta notevole allo sviluppo di terapie mirate contro il melanoma metastatico, conducendo alla messa a punto di farmaci che riconoscono in maniera altamente specifica alcuni bersagli espressi a livello della cellula tumorale, proprio come le mutazioni in BRAF. Se solo ci si sofferma a considerare che il tasso di sopravvivenza a 5 anni del melanoma metastatico non supera il 10%, si intuisce quanto pressante sia la richiesta di farmaci come vemurafenib (Zelboraf®), un inibitore di BRAF che in studi di Fase III ha dimostrato benefici in termini di sopravvivenza globale (OS). Oggi, i risultati fatti segnare da vemurafenib sono stati ulteriormente migliorati dal regime combinatorio con encorafenib e binimetinib.
L'approvazione della FDA si basa sullo studio di Fase III COLUMBUS, che ha incluso 921 pazienti con melanoma positivo a mutazioni BRAF V600. Nella prima parte del trial, 577 pazienti sono stati randomizzati, in rapporto 1:1:1, per ricevere la combinazione COMBO450 (encorafenib 450 mg al giorno e binimetinib 45 mg due volte al giorno - 192 pazienti), ENCO300 (encorafenib 300 mg una volta al giorno - 194 pazienti) o vemurafenib 960 mg due volte al giorno (191 pazienti). Nella seconda parte del trial, 344 pazienti sono stati randomizzati, in rapporto 3:1, per ricevere la combinazione COMBO300 (encorafenib 300 mg al giorno più binimetinib 45 mg due volte al giorno - 258 pazienti) o ENCO300 (86 pazienti).
Nella sperimentazione, la combinazione COMBO450 ha ridotto il rischio di morte del 39% rispetto al solo vemurafenib. La OS mediana osservata nello studio è stata di 33,6 mesi nei pazienti trattati con COMBO450 e di 16,9 mesi nei pazienti che hanno ricevuto vemurafenib. Il tasso di OS a 2 anni è stato, rispettivamente, del 58% e del 43%, mentre quello a 3 anni è stato del 47% e del 32%. I benefici di COMBO450 sono stati mantenuti in tutti i sottogruppi di pazienti, compresi quelli definiti in base a sesso, età, stato del gene BRAF, livelli dell'enzima LDH (lattato deidrogenasi), stadio del tumore e numero di organi coinvolti dalla malattia al basale. Tali risultati rappresentano i dati più aggiornati estrapolati dalla prima parte dello studio COLUMBUS, e sono stati presentati all’ultimo Congresso Annuale dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO).
A un follow-up mediano di 32,1 mesi, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata di 14,9 mesi con COMBO450 contro 7,3 mesi con vemurafenib quale singolo agente. Il tasso di PFS a 2 anni è stato, rispettivamente, del 37% e del 20%, mentre quello a 3 anni è stato del 28% e del 13%. La PFS mediana con COMBO450 è stata favorevolmente confrontata con la PFS mediana di 9,6 mesi ottenuta con ENCO300, già migliore rispetto alla PFS mediana ottenuta dalla monoterapia con vemurafenib (7,3 mesi).
Il tasso di risposta globale (ORR), in base a quanto emerso da revisione centrale, è stato del 64% nel braccio COMBO450, rispetto al 52% nel braccio ENCO300 e al 41% nel braccio vemurafenib. Nei 3 bracci, la durata mediana della risposta è stata, rispettivamente, di 18,6 mesi, 15,2 mesi e 12,3 mesi, mentre i tassi di controllo della malattia sono stati, sempre rispettivamente, del 92%, 84% e 81%.
I risultati della sperimentazione hanno anche mostrato un maggior beneficio nella sopravvivenza globale da parte del regime COMBO450 (OS mediana di 33.6 mesi) rispetto a ENCO300 (OS mediana di 23,5 mesi). Dal raffronto tra i due inibitori di BRAF quali agenti singoli (encorafenib e vemurafenib) è stato riscontrato, in termini di OS, un vantaggio statisticamente significativo per ENCO300 rispetto a vemurafenib singolo (OS mediana di 23,5 mesi e 16,9 mesi, rispettivamente).
Al momento dell'analisi dei dati effettuata per la presentazione al Congresso ASCO, ha interrotto il trattamento il 78% dei pazienti nel braccio COMBO450, l'87% dei pazienti nel braccio ENCO300 e il 91% di quelli nel braccio vemurafenib. Nella maggior parte dei casi, l’interruzione è avvenuta a causa di progressione della malattia o di eventi avversi. Gli effetti collaterali più comuni (≥ 25%) osservati nei pazienti che hanno ricevuto il trattamento con COMBO450 sono stati affaticamento, nausea, diarrea, vomito, dolore addominale e artralgia.
“Nonostante i recenti progressi, per i pazienti con melanoma BRAF-mutato sussiste ancora un bisogno insoddisfatto di trattamenti sia efficaci che ben tollerabili”, afferma Keith T. Flaherty, professore alla Harvard Medical School e direttore del Termeer Center for Targeted Therapy presso il Massachusetts General Hospital Cancer Center (USA). “Ora, medici e pazienti hanno la possibilità di prendere in considerazione il regime terapeutico con encorafenib e binimetinib, che ha dimostrato di ritardare la progressione della malattia e migliorare la sopravvivenza globale, e che è stato generalmente ben tollerato”.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il comunicato stampa della FDA.