Milano – Modelli predittivi e big data per perfezionare la diagnosi e la gestione clinica dei pazienti: l’intelligenza artificiale applicata alle immagini ha permesso ai ricercatori del Centro Diagnostico Italiano di elaborare un nuovo modello per capire quali pazienti affetti da neurinoma del nervo acustico, una neoplasia per lo più benigna, possano trarre beneficio dal trattamento con la radiochirurgia. Si tratta di un'avanzata applicazione della radiomica, una disciplina che unisce in diagnostica l’impiego dell'intelligenza artificiale e lo studio delle caratteristiche genetiche della persona.
Il neurinoma del nervo acustico (schwannoma vestibolare) è un tumore raro della fossa posteriore che origina nelle cellule di Schwann del nervo vestibolo-cocleare. Può essere benigno, di piccole dimensioni, a progressione lenta e asintomatico, oppure di grandi dimensioni, a progressione veloce, aggressivo e potenzialmente letale, con disturbi dell'udito e dell'equilibrio, vertigini, atassia, cefalea, disfunzione del quinto, sesto o settimo nervo cranico e intorpidimento facciale.
Lo studio del Centro Diagnostico Italiano su questa patologia è tra gli argomenti al centro del convegno “Radiomica: il futuro è qui” svoltosi a Milano presso il Centro Diagnostico Italiano il 27 ottobre, che si replicherà a Napoli il 19 novembre presso la Città della Scienza.
A Napoli, come accaduto a Milano, si alterneranno gli interventi di relatori di fama internazionale sul tema dell’intelligenza artificiale legata alla radiomica, che permette l’analisi approfondita di centinaia, migliaia di immagini diagnostiche e di analizzare approfonditamente dettagli di dimensioni molto piccole, come quelle di un pixel, che possono ricorrere in casi gravi o in quei pazienti che rispondono a un determinato farmaco, fungendo quindi da campanello d’allarme in situazioni analoghe. Si tratta di una rivoluzione tecnologica che potrà avere molteplici applicazioni in diversi distretti dell’organismo e importanti ricadute cliniche.
Il Centro Diagnostico Italiano in particolare si sta focalizzando su come applicare questa tecnologia innovativa anche per il trattamento del tumore della prostata e per l'impianto di protesi ortopediche. “Oggi la radiologia vive un paradosso: gli strumenti diagnostici producono immagini digitali che sono analizzate in modo analogico, cioè dall'occhio dello specialista”, sottolinea il professor Giuseppe Scotti, neuroradiologo del Centro Diagnostico Italiano e coordinatore scientifico del convegno. “In questo modo si perdono molte informazioni, dettagli invisibili all'occhio umano perché troppo piccoli o perché ricorrono nei diversi pazienti in maniera troppo discontinua per essere notati”.
Grazie alla radiomica, oggi queste informazioni possono essere individuate ed essere utilizzate come strumenti predittivi in molte patologie, e attraverso la medicina personalizzata, trattate con terapie ad hoc, su misura, secondo le caratteristiche genetiche individuali di ogni paziente. “Questa innovazione richiede però un profondo cambiamento della formazione universitaria – continua Scotti – con un maggiore peso per le materie matematiche e statistiche, e la disponibilità a confrontarsi con altre professionalità, come informatici, ingegneri, fisici, matematici”.
L’avvento dell'intelligenza artificiale, del machine learning e del deep learning, apre la strada ad una nuova interpretazione della figura del radiologo. Emerge una sempre maggiore attenzione al dato, piuttosto che all’immagine diagnostica, e all’informazione quantificabile gestita dai big data, cervelloni in grado di analizzare contemporaneamente una grande quantità di dati e algoritmi. Il radiologo funge da 'cerniera' in questo nuovo sistema d’analisi, fra i medici di altre specializzazioni e nuovi sistemi sempre più automatizzati, guidati da algoritmi complessi che forniscono informazioni diagnostiche integrate e con implicazioni prognostiche e terapeutiche, che comunque necessitano della comprensione dei medici per la gestione della salute dei propri pazienti.
“La radiologia potrà sopravvivere – conclude Scotti – se conserverà uno stretto rapporto con le discipline mediche e con l’evoluzione scientifica non solo nel campo delle discipline morfologiche e cliniche, ma anche biologiche, genetiche, matematiche, fisiche e umanistiche”. Nasce l’imaging quantitativo.