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Dopo Giappone, Spagna e Germania, dal National Cancer Institute americano, arriva finalmente anche in Italia il PRO-CTCAE, sigla tanto impronunciabile quanto innovativa per il cosiddetto patient empowerment e che sta a significare Patient Reported Outcomes - Common Terminology Criteria for Adverse Event. Ma cosa è e soprattutto a cosa serve il PRO-CTCAE? Si tratta di un questionario che negli USA è ormai uno strumento standard usato nelle ricerche cliniche che consente realmente di mettere il paziente “al centro”.

Il PRO-CTCAE è uno strumento che consente al malato oncologico di segnalare in autonomia e in maniera dettagliata gli effetti collaterali della terapia antitumorale che gli viene somministrata.
Non si tratta quindi di un superamento del ruolo del medico che fa ricerca, quanto di un validissimo mezzo di integrazione per poter definire la validità di una cura non solo in termini di efficacia terapeutica e di tossicità ma anche e soprattutto prendendo in attenta considerazione la percezione da parte del paziente del maggiore o minore impatto sulla propria vita degli effetti collaterali provocati dagli antitumorali. Grazie alla rilevazione effettuata mediante il PRO-CTCAE, la rilevanza e la tollerabilità degli effetti collaterali delle terapie oncologiche saranno segnalati anche direttamente dalla persona che li vive sulla propria pelle. Potrebbe accadere, infatti, che effetti soggettivi come la nausea o l’inappetenza possano essere avvertiti dal singolo paziente come fortemente invalidanti e pregiudizievoli per la propria qualità di vita (anche in relazione all'età o al tipo di attività lavorativa o di vita sociale, ad esempio) mentre per il curante gli stessi effetti potrebbero essere ritenuti non gravi. Ora questa strategia di coinvolgimento del malato, che si trova ad essere davvero al centro del processo terapeutico, arriva anche in Italia grazie a una grande alleanza tra pazienti e oncologi medici che – in collaborazione con la Fondazione SmithKline - hanno costituito l'Italian PRO-CTCAE Study Group.

Proprio in questi giorni ha preso, infatti, il via la procedura di adattamento alla nostra lingua dello strumento PRO-CTCAE elaborato oltreoceano, cui seguirà la fase di validazione. “L’obiettivo è valutare quanto un evento avverso – la diarrea, l’emicrania o quant’altro - possa interferire nel quotidiano, al di là di ciò che può essere colto dai medici, pur con il massimo dell’attenzione – spiega il Prof. Gian Franco Gensini, Professore ordinario presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze e Presidente della Fondazione SmithKline.

“Nessuno più del paziente ha un’esperienza diretta delle tossicità dei farmaci – afferma l'Avv. Elisabetta Iannelli segretario generale della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) - e nessuno può comprendere al meglio quanto gli effetti collaterali delle terapie oncologiche possono pesare sulla vita di tutti i giorni a livello relazionale, psico-fisico e in tutti i versanti dell’esistenza”. Diversi studi, nel corso degli ultimi anni, hanno dimostrato come, durante la conduzione di uno studio clinico, spesso la tossicità relativa ai trattamenti antitumorali sia sottostimata dai ricercatori. In Italia una ricerca pubblicata recentemente nel Journal of Clinical Oncology ha confermato questo dato prendendo in esame i dati di tre ricerche cliniche coordinate dall’Unità Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli diretta dal Dr. Perrone che spiega: “Abbiamo valutato sei tossicità con una elevata componente soggettiva (nausea, vomito, anoressia, alopecia, diarrea e stipsi) in oltre 1000 pazienti e abbiamo trovato che vi è una sottostima da parte dei medici ricercatori che oscilla dal 47% al 74%. Solo l’integrazione con uno strumento compilato direttamente dal paziente può modificare questo fenomeno”.

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