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Approvato per i casi inoperabili o metastatici è importante un’attenta valutazione dei pazienti che possono ottenere i massimi benefici dal trattamento, senza rischi associati.

La terapia orale giornaliera con vandetanib, un inibitore delle tirosin-chinasi, è la nuova e promettente arma a disposizione dei medici per trattare il carcinoma midollare della tiroide in fase avanzata: già approvato dalla FDA, l’americana Food and Drug Administration, nell’aprile del 2011 e dalla EMA, l’European Medicines Agency, nel febbraio del 2012, ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza libera da progressione nei pazienti. A fianco di indubbi risultati sull’efficacia del farmaco anche nei casi di tumore più avanzati (studio ZETA di fase III), medici e ricercatori puntano ora l’attenzione sui criteri per la valutazione e selezione di quei pazienti che possono ottenere il massimo beneficio dal trattamento, con una minimizzazione degli effetti collaterali.

Secondo una revisione pubblicata sulla rivista Endocrine lo scorso aprile dai ricercatori italiani del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche del Policlinico Gemelli di Roma “sta diventando uno standard di cura per il carcinoma midollare della tiroide quando sintomatico, progressivo e metastatico, purché sia indicato per i pazienti che possono realmente beneficiarne”.

Se diagnosticato in ritardo il carcinoma midollare della tiroide, una rara neoplasia neuroendocrina, può essere molto aggressivo e difficile da trattare. Nella maggior parte dei casi i pazienti arrivano alla diagnosi quando il tumore è già in fase avanzata, con possibili metastasi principalmente a danno di tessuto osseo, polmoni e fegato. La diffusione extratiroidea della malattia pregiudica il buon esito dell’intervento chirurgico, che rappresenta la scelta terapeutica di prima linea se il tumore è circoscritto e può essere completamente asportato. A fronte di una prognosi favorevole quando operabile, la malattia in fase avanzata o metastatica è associata a un calo della sopravvivenza a 10 anni, che scende al di sotto del 20%.
Gli inibitori delle tirosin-chinasi sono farmaci di comprovata efficacia per un ampio ventaglio di neoplasie perché inibiscono l’anomala attività di alcuni recettori coinvolti nell’accrescimento tumorale (RET, VEGFR, EGFR). Per i tumori tiroidei Vandetanib ha cambiato le prospettive terapeutiche per i casi di carcinoma midollare della tiroide avanzati e inoperabili.

“Per la prima volta abbiamo a disposizione un’arma di dimostrata efficacia per questa forma tumorale incurabile. L’autorizzazione per il suo impiego, rilasciate da FDA ed EMA, rappresentano chiaramente un passo fondamentale nel trattamento di questi rari tumori neuroendocrini. Ma alcuni dettagli necessitano di essere approfonditi. Primi tra tutti la fase di selezione dei pazienti, il dosaggio adeguato e la gestione dei potenziali effetti collaterali. Usato in modo inappropriato, il farmaco può comportare delle complicanze, ma se adottato correttamente offre numerose potenzialità per i casi sintomatici, progressivi e metastatici del carcinoma midollare della tiroide”, riportano i ricercatori.
Al momento anche le autorità regolatorie indicano un impiego della terapia solo in casi inoperabili o metastatici. In attesa di ulteriori risposte dagli studi clinici, la selezione dei pazienti candidabili alla terapia con il farmaco dovrebbe attraversare un’attenta valutazione della malattia, dei potenziali effetti collaterali, interazione con altri farmaci e qualità di vita relativa.




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