Risponde Rossella Elisei, Professore associato del Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa
"Il carcinoma midollare della tiroide - spiega Rossella Elisei, Professore associato del Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa - si manifesta come un nodulo tiroideo, almeno nella fase iniziale. Nello stadio più avanzato è generalmente accompagnato da una serie di sintomatologie, come dei flush al volto o da una sindrome intestinale di tipo diarroico.
Può essere diagnosticato mediante l’analisi citologica di materiale aspirato dal nodulo tiroideo, ma anche attraverso la misurazione di un marcatore sierico, la calcitonina, che è specifico di questa malattia. Se il marcatore è consistente la probabilità che il paziente sia affetto da questa neoplasia è molto elevata. In casi con valori sierici di calcitonina elevati, ma non particolarmente significativi, è conveniente approfondire le indagini (ad esempio, mediante il dosaggio della calcitonina stessa nel liquido di lavaggio dell’ago utilizzato per la citologia e chiedendo al citologo di eseguire una immunocitochimica per calcitonina)."
Vi è una causa per lo sviluppo di questo tumore?
"Il carcinoma midollare della tiroide può essere di tipo sporadico, quindi della sola persona colpita, oppure familiare e quindi di molti soggetti della stessa famiglia. Da circa 20 anni è noto che nella forma familiare i soggetti affetti dalla malattia sono portatori di una mutazione genica di un pezzetto di DNA, che è l’oncogene RET, che viene appunto trasmesso dal genitore affetto al 50% dei figli. Tale oncogene risulta mutato anche nel 50% dei casi sporadici, ma solo a livello del tumore e quindi non trasmissibile."
Quanti italiani ogni anno si ammalano di carcinoma midollare della tiroide?
"Circa duecento, anche se non esiste un registro condiviso dal quale si possono estrapolare dati certi. Se la patologia fosse inserita tra le malattie rare avremmo di conseguenza anche dei registri. Si tratta quindi di un carcinoma che può essere considerato, a tutti gli effetti, un tumore raro.
Purtroppo si tratta di un tumore molto aggressivo, che spesso viene diagnosticato in fase avanzata, perché non tutti i pazienti con noduli tiroidei sono sottoposti a valutazione dei livelli di calcitonina. In Europa il monitoraggio di questo valore nei pazienti con noduli tiroidei è una pratica ben accettata, in Italia ancora non altrettanto."
Quali sono le opzioni terapeutiche per questo tipo di carcinoma?
Se la malattia è confinata alla tiroide, la terapia chirurgica di asportazione totale ha successo. Ma per le diagnosi tardive, in caso di malattia in fase avanzata o metastatica, fino a ieri non avevamo a disposizione cure valide, anche perché chemio e radioterapia hanno dimostrato di essere inefficaci. Oggi però esiste una terapia innovativa: Vandetanib. Si tratta di un farmaco ad uso orale che ha dimostrato una grande efficacia, riuscendo a ridurre la velocità di crescita e addirittura a bloccare le cellule tumorali. Non esistono terapie equivalenti al momento: Vandetanib rappresenta l’unica opportunità approvata per il trattamento del Carcinoma Midollare della Tiroide localmente avanzato o metastatico, aggressivo e sintomatico.
Come agisce questa nuova terapia?
Vandetanib, attraverso l’inibizione del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), è in grado di bloccare la crescita dei vasi che portano sangue al tumore. Inoltre, blocca i recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR) e RET, riducendo la crescita e la sopravvivenza tumorale. Lo studio clinico di fase III ZETA - condotto su 331 pazienti, il 20% dei quali arruolati in Italia - ha dimostrato che Vandetanib permette una riduzione del 54% del rischio di progressione di malattia rispetto al placebo.
Quali vantaggi comporta per il paziente la nuova terapia?
Il primo vantaggio da dire riguarda l’efficacia: Vandetanib è la prima terapia ad aver dimostrato efficacia nel trattamento del CMT.
Per il paziente il vantaggio principale è che la terapia con Vandetanib, che richiede l’assunzione di una compressa al giorno, non implica ospedalizzazione e può essere seguita direttamente da casa. Ciò comporta ovviamente un netto miglioramento della qualità di vita. Nella mia esperienza clinica, ho osservato che il trattamento con Vandetanib consente, già in poche settimane, una netta riduzione dei valori dei marker tumorali e delle lesioni metastatiche. Il farmaco stabilizza così la malattia e permette di avere uno stile di vita soddisfacente, trasformando di fatto un tumore in una malattia cronica.
Vi sono effetti collaterali?
Sì, vi sono alcuni effetti collaterali che, nella fase di sperimentazione, abbiamo imparato a gestire, e pertanto non rappresentano motivo di particolare preoccupazione anche se devono essere conosciuti proprio per affrontarli serenamente insieme al paziente.