Sono le cellule staminali tumorali a rendere il glioblastoma così aggressivo e difficile da eradicare. Uno studio americano dimostra l’efficacia di un virus oncolitico, dall’herpes simplex umano, nel colpirle selettivamente
Passi avanti nella comprensione del glioblastoma e, soprattutto, nell’individuazione di potenziali target per terapie più efficaci. Merito di un virus, quello del comune herpes simplex, che ha dimostrato di essere efficace su modello animale, una volta ingegnerizzato. Ne danno conferma i ricercatori del Brain Tumor Research Center di Harvard, con uno studio pre-clinico pubblicato su PNAS.
Non è la prima volta che si pensa ai virus oncolitici, una promettente tecnica che consiste nello sfruttare l’alta capacità dei virus umani di penetrare nelle cellule neoplastiche: opportunamente ingegnerizzati, riescono sia a distruggere il tumore dall’interno sia a stimolare una reazione immunitaria che contrasti la malattia a livello sistemico. Finora i risultati sul glioblastoma, una forma rara ma molto aggressiva che colpisce il cervello – la prevalenza è 1 su 10 mila - , sono stati poco soddisfacenti. La principale limitazione risiede nelle caratteristiche del microambiente tumorale, come la crescita molto rapida, eterogeneità nella morfologia delle cellule, immunosoppressione locale e alta capacità di neovascolarizzazione. Recentemente la scoperta di cellule staminali nel glioblastoma, osservate da biopsie di pazienti, ha ulteriormente chiarito alcuni meccanismi attuati dal tumore per eludere le difese immunitarie e indurre una progressione tumorale. E’ proprio la presenza di queste staminali, difficili da eradicare, a rendere il glioblastoma una neoplasia fatale e insensibile a molte terapie sperimentali sviluppate negli ultimi anni. Anche la chirugia, terapia d’elezione quando possibile, seguita da chemioterapia e radioterapia non ha cambiato, nell’ultimo decennio, l’esito della malattia, la cui sopravvivenza si stabilizza ancora sui 12-16 mesi dalla diagnosi.
Nel loro trial, i ricercatori statunitensi hanno elaborato un modello murino in grado di chiarire alcuni meccanismi chiave nella patogenesi del glioblastoma e dimostrare l’efficacia della terapia con virus oncolitico. I topi malati sono stati infettati con un comune virus umano, l’herpes simplex, ingegnerizzato con una citochina immunomodulatoria, l’interleuchina 12 (IL-12). Il virus non ha solo colpito le cellule staminali del glioblastoma, come target locale, ma ha anche indotto il rilascio di mediatori immunitari, ridotto il numero di cellule T nel tumore ed è stata osservata anche un’inibizione della neoangiogenesi.
“Sebbene altri studi hanno precedentemente testato questa tecnica, ovvero la diffusione di IL-12 nel topo veicolata dal virus dell’herpes simplex, questo è l’unico che ne dimostra la capacità di colpire le staminali tumorali – commentano i ricercatori - Gli studi clinici che prevedevano una diffusione sistemica di IL-12 sono stati sospesi nell’ultimo decennio a causa della tossicità legata ai dosaggi e a una mancata efficacia dimostrata. La nostra ricerca fornisce una significativa prova dei potenziali benefici e meccanismi derivati da un’espressione locale di IL-12, veicolata dal virus oncolitico. Più importante ancora è aver elaborato un modello sperimentale in grado di replicare tutti i sotterfugi adottati dal tumore per sfuggire alle terapie. I dati sono promettenti e abbiamo dimostrato la sicurezza preclinica del virus: questo offre un rationale per la sperimentazione della tecnica sui pazienti, in una eventuale fase clinica.”