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Significativi i miglioramenti dei sintomi e della splenomegalia, in confronto a trattamenti di routine

Approvato dalla FDA americana, ruxolitinib, farmaco sviluppato sviluppato in collaborazione da Novartis e Incyte, si sta confermando come trattamento per la mielofibrosi più efficace delle terapie d'elezione finora disponibili come idrossiurea, agenti chemioterapici o glucocorticoidi. Sono due i nuovi studi clinici pubblicati su The New England Journal of Medicine che ne hanno indagato gli effetti positivi su un miglioramento generale dei sintomi e una significativa riduzione del volume della milza, soggetta a splenomegalia associata alla malattia.

Il farmaco è un inibitore degli enzimi JAK-1 e JAK-2 che sono coinvolti nell'emostasi ematica e nell'attività immunitaria e il cui malfunzionamento è caratteristico di alcuni tumori e malattie autoimmuni difficili da trattare. Nel primo studio, condotto dai ricercatori del Guy's Hospital di Londra, l'efficacia del ruxolitinib somministrato per via orale è stata messa a confronto con la migliore terapia disponibile per 219 pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio o altro, mielofibrosi post-policitemia vera o mielofibrosi post-trombocitemia essenziale.

Il 28 per cento dei pazienti sottoposti a terapia con l'inibitore di JAK-1 e JAK-2 ha manifestato una riduzione della splenomegalia del 35 per cento alla 48ma settimana di trattamento in confronto alla migliore terapia. Inoltre, sono stati riscontrati miglioramenti nella qualità della vita nella maggior parte dei pazienti e sono pochi gli eventi avversi registrati, come trombocitopenia e anemia, affrontate con una riduzione del dosaggio farmacologico. Risultati simili sono stati raggiunti anche dai ricercatori statunitensi del Leukemia Department della University of Texas M.D. Anderson Cancer Center di Houston, che hanno condotto uno studio clinico randomizzato e controllato in doppio cieco su 155 pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio o alto sottoposti a terapia orale con ruxolitinib due volte al giorno.

L'efficacia del farmaco è stata confrontata con un gruppo di 154 pazienti trattato con placebo ed è stata registrata una significativa riduzione del volume della milza di almeno il 35 per cento nel 41,9 per cento dei pazienti sottoposti a terapia con ruxolitinib alla 24ma settimana. Si è dimostrata inoltre un'efficacia della terapia a lungo termine, perchè i pazienti con risposta al trattamento hanno mantenuto i miglioramenti per 48 settimane e oltre. Anche in questo studio sono stati registrati effetti collaterali modesti come trombocitopenia e anemia che non hanno reso necessaria la sospensione della terapia.

Entrambi gli studi consolidano la posizione dell'inibitore di JAK-1 e JAK-2 come prospettiva terapeutica a bersaglio molecolare per la mielofibrosi rispetto ai farmaci tuttora adottati che sono poco efficaci nel controllo del decorso della malattia.

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