Chicago - Per i pazienti con mieloma multiplo la miglior terapia potrebbe essere la combinazione di pomalidomide con desametasone a basso dosaggio. Secondo i risultati dello studio di fase III MM-03 presentato al congresso annuale dell’ASCO a Chicago la combinazione dei due farmaci ha aumentato in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) rispetto alla monoterapia con desametasone ad alto dosaggio nei pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario.
"Alla luce di questo vantaggio, la combinazione di pomalidomide più desametasone a basso dosaggio deve essere considerata un nuovo standard di cura per il trattamento dei pazienti con recidiva o refrattari alla terapia dopo essere stati trattati con lenalidomide e bortezomib" ha detto Katja Weisel, della clinica universitaria di Tubinga, in Germania, presentando il lavoro.
Come riportato da Pharmastar il farmaco, un derivato più potente e meglio tollerato della talidomide, ha avuto il via libera dell’Fda nel febbraio scorso e in Europa non è ancora stato approvato, ma ha già incassato il parere positivo del Chmp dell’Ema come trattamento dei pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario, già sottoposti ad almeno due trattamenti, compresi lenalidomide e bortezomib, e, ciononostante, andati in progressione entro 60 giorni dalla fine della cura.
Lo studio MM-03 (i cui risultati principali erano stati preannunciati da Celgene nel dicembre scorso) è un trial randomizzato, in aperto, che ha coinvolto 455 pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario, assegnati in modo casuale, in rapporto 2:1, al trattamento con pomalidomide più desametasone a basse dosi oppure con desametasone ad alto dosaggio. Per poter partecipare al trial, i pazienti dovevano essere refrattari all’ultima terapia effettuata e aver fallito la cura con lenalidomide e bortezomib dopo aver fatto due o più cicli consecutivi di ciascuno dei due farmaci.
I pazienti avevano fatto in media già cinque terapie precedenti e il 72% era refrattario a lenalidomide e bortezomib.
Dopo un follow-up mediano di 10 mesi, si è ottenuta una conferma del beneficio altamente significativo di pomalidomide sulla PFS, la cui mediana è stata di 4 mesi nel gruppo trattato con la combinazione di pomalidomide e desametasone e 1,9 mesi nei pazienti trattati con desametasone ad alto dosaggio.
Secondo quanto riferito dalla Weisel, questo beneficio è risultato presente in tutti i sottogruppi analizzati, incluso quello dei pazienti con malattia doppiamente refrattaria, così come quello dei pazienti che avevano fatto bortezomib e lenalidomide come ultima linea di trattamento precedente.
Il gruppo pomalidomide ha mostrato anche un miglioramento significativo della OS, la cui mediana è stata di 12,7 mesi in questo gruppo contro 8,1 mesi nel gruppo trattato solo con desametasone ad alto dosaggio. Questa differenza si è mantenuta anche in tutti i sottogruppi analizzati.
Al momento in cui è stata fatta l’analisi dell’OS, solo il 7% dei pazienti del gruppo trattato con desametasone ad alte dosi era ancora in trattamento con il solo steroide, mentre il 50% dei pazienti aveva era fatto un crossover, passando alla combinazione con pomalidomide.
La percentuale di risposta complessiva è stata del 31% nel gruppo pomalidomide più desametasone a basse dosi contro 10% nel gruppo solo desametasone ad alte dosi, ma ci sono state poche risposte complete.
La tossicità principale nel gruppo pomalidomide è stata di tipo ematologico: una neutropenia di grado 3/4, i verificatasi nel 48% dei pazienti, ma ciò ha portato a poche complicanze febbrili, ha riferito la ricercatrice. Il principale evento avverso non ematologico di grado 3/4 sono state le infezioni.