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Le nuove terapie per la malattia di Parkinson (PD) basate sull'impiego di cellule staminali si stanno ormai avvicinando alle prime sperimentazioni cliniche. Nello scorso mese di marzo, la società di biotecnologie International Stem Cell Corporation (ISCO) ha ufficialmente annunciato l'inizio di uno studio di Fase I progettato per valutare il trapianto intracranico di staminali per il trattamento di 12 persone affette da PD in forma moderata o grave. La notizia, oltre ad aver suscitato l'interesse e le speranze della comunità globale dei pazienti, ha spinto gli esperti del comitato internazionale Gforce-PD ad affrontare una serie di fondamentali problematiche etiche e scientifiche correlate alle prime indagini cliniche su questa potenziale opzione terapeutica per il Parkinson.

L'obiettivo principale dell'iniziativa Gforce-PD è quello di definire un sistema di parametri con cui valutare il percorso di sviluppo relativo alle terapie con cellule staminali specificamente progettate per la malattia di Parkinson, facendo in modo che le tappe del suddetto percorso rispettino i più elevati standard di rigore scientifico e che le eventuali sperimentazioni cliniche su questo tipo di trattamenti non siano avviate prematuramente o sulla base di presupposti inadeguati. La decisione di istituire un simile comitato di controllo nasce, essenzialmente, dall'esigenza di tutelare la sicurezza dei pazienti, garantendo loro il diritto di partecipare a studi adeguatamente fondati e pianificati.

A tale scopo, in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Journal of Parkinson's Disease, gli esperti del Gforce-PD hanno delineato una serie di quesiti chiave che dovrebbero essere affrontati prima di intraprendere la sperimentazione clinica di una qualsiasi terapia con cellule staminali per la malattia di Parkinson, quesiti indispensabili per ottenere una precisa consapevolezza del trattamento utilizzato (meccanismo d'azione, dati preclinici di supporto, potenziale beneficio), del tipo di cellule trapiantate, dei controlli normativi e scientifici a cui è stato sottoposto il processo di studio e delle problematiche etiche connesse a questo particolare ambito di ricerca.

Alla luce di questi criteri fondamentali, gli autori dell'articolo hanno analizzato la sperimentazione di Fase I avviata da ISCO, esprimendo una certa preoccupazione in merito a specifici aspetti emersi da questa indagine. Innanzitutto, dato che la terapia sviluppata dalla società biofarmaceutica sembra essere basata sull'impiego di cellule staminali di tipo PAX6-positivo, gli specialisti del Gforce-PD temono che questa strategia non si riveli efficace per la malattia di Parkinson, considerando che la popolazione cellulare scelta non è ritenuta in grado dare origine ai neuroni dopaminergici del mesencefalo che degenerano a causa di questa condizione.

Ulteriori perplessità sono suscitate dal fatto che ISCO non abbia fornito sufficienti dati preclinici a supporto della sicurezza e dell'efficacia del proprio trattamento, oltre ad aver proposto, per lo studio clinico intrapreso, un periodo di follow-up di durata insufficiente.

Infine, dall'indagine del Gforce-PD è emersa la questione riguardante le dichiarazioni inizialmente rilasciate dalla società in merito ai potenziali benefici della terapia, dichiarazioni che suggerivano la possibilità di una vera e propria 'cura' per il Parkinson e che, successivamente, sono state mitigate da annunci più misurati. Secondo gli autori dell'articolo, le esagerate affermazioni di efficacia su un trattamento in via di sperimentazione clinica rappresentano un problema fin troppo comune, che, in nome di interessi commerciali e ambizioni particolari, finisce per suscitare nei pazienti aspettative eccessivamente elevate.

Alla luce di quanto riscontrato, gli autori dell'articolo sottolineano che gli emergenti studi clinici sulla terapie cellulari per il Parkinson dovrebbero essere intrapresi una volta ottenute le necessarie evidenze precliniche e le indispensabili approvazioni regolamentari. Agire in maniera prematura può offuscare anni di progressi scientifici, ripetendo gli errori compiuti nel corso degli ultimi tre decenni e danneggiando questo promettente settore della medicina rigenerativa.

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