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Studi incrociati tra mutazioni del gene GBA e neurodegenerazione aprono uno spiraglio sulla possibilità di individuare tempestivamente la malattia di Parkinson

Firenze - “Negli ultimi dieci anni si è scoperto che un portatore sano o un paziente affetto dalla malattia di Gaucher hanno un rischio circa 5 volte maggiore di avere il Parkinson rispetto alle persone comuni”, spiega Stefano Goldwurm, Medico genetista del Parkinson Institute, ASST Gaetano Pini/CTO di Milano e del Dipartimento di Neuroscienze Rita Levi Montalcini dell’Università di Torino. “A noi interesserebbe avviare uno studio in collaborazione con i soggetti portatori (“carrier”) di Gaucher per cercare di arrivare a una diagnosi più preventiva possibile del Parkinson”.

L’intervento del dottor Goldwurm, insieme a quello di esperti clinici internazionali, di pazienti e di medici, si susseguiranno nel convegno scientifico organizzato dall’Associazione Italiana Gaucher (AIG) al Nil Hotel di Firenze, da oggi all’11 novembre. “I nostri convegni sono importanti perché il paziente è al centro di tutto”, racconta Fernanda Torquati, presidente di AIG. “È giusto che possa avere tutte le informazioni più aggiornate sulle ricerche in corso: un paziente consapevole, è in grado di affrontare le difficoltà della sua patologia ed è libero, non vive nella paura”.

Al centro dell’evento sarà la stretta correlazione tra malattia di Parkinson e di Gaucher, i possibili scenari di studi incrociati, la valutazione neurologica integrata in pazienti con Gaucher di tipo 1 e di tipo 3 e l’ascolto dell’esperienza di una portatrice di Gaucher affetta da Parkinson.

Come è noto il Parkinson è un’importante malattia neurodegenerativa che colpisce il 3% della popolazione, le cui cause d’insorgenza sono però ancora poco chiare. Allo sviluppo della malattia concorrono diversi fattori, sia di tipo genetico che ambientale, ma nessuno è sufficiente da solo a innescare la neurodegenerazione. I fattori genetici sono, però, i più facili da studiare.

Uno dei tanti geni coinvolti nel Parkinson è il GBA che, quando è mutato in entrambi gli alleni, porta la malattia di Gaucher”, prosegue il dottor Goldwurm. “L'alfa-sinucleina che si accumula a causa del Parkinson è tossica e danneggia i neuroni. Se diminuisce l’attività dell’enzima glucocerebrosidasi, mancante nel paziente Gaucher, l'alfa-sinucleina aumenta e diventa più tossica, portando, a sua volta, a una diminuzione dell’attività della glucocerebrosidasi. Si forma, così, una sorta di cortocircuito, di circolo vizioso. La chiave è aumentare l’attività della glucocerebrosidasi per diminuire la tossicità dell'alfa-sinucleina. Le sperimentazioni su linee cellulari e su modelli animali si sono rivelate efficaci anche su soggetti con Parkinson non mutati”.

Trovare un modo per diagnosticare tempestivamente il Parkinson è fondamentale: nonostante la terapia sia molto efficace in questa malattia, quando i pazienti mostrano i primi sintomi hanno già la maggior parte dei neuroni danneggiati. Il dottor Goldwurm propone uno studio supportato dal contributo di alcuni portatori sani di Gaucher e pazienti affetti dalla malattia: “Vorremmo raccogliere dati clinici e campioni su soggetti che abbiamo almeno 50 anni. Identificare i soggetti a maggior rischio è l’obiettivo, iniziare a studiarli è fondamentale”.

La scoperta che collega il gene GBA al Parkinson spiana la strada a nuovi studi che potrebbero portare allo sviluppo di terapie per entrambe le patologie. A tal proposito, il ricercatore italiano dottor Marco Toffoli, impiegato presso lo University College of London, spiegherà lo studio che da anni sta portando avanti in questo campo e la già consolidata collaborazione con l’Associazione Inglese Gaucher per il progetto denominato RAPSODY. “L’Associazione Italiana Gaucher sarebbe felice di supportare questa ricerca anche in Italia”, sottolinea Fernanda Torquati. “AIG crede molto nella collaborazione diretta con i clinici”.

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