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Si potrebbe usare anche per controllare gli effetti collaterali della Levadopa, ora che si è stabilito che interrompere il trattamento non è consigliabile

Secondo quanto riportato da un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine la stimolazione elettrica del nucleo cerebrale subtalamico ridurrebbe la disabilità motoria nei pazienti affetti da malattia di Parkinson con gravi complicanze, insorte anche a seguito del trattamento con il farmaco Levodopa. I ricercatori hanno ipotizzato che la neurostimolazione sarebbe utile se applicata nella fase iniziale della malattia di Parkinson.


Il morbo di Parkinson è una malattia degenerativa del Sistema Nervoso Centrale. All'esordio della malattia i sintomi più evidenti sono legati al movimento ed includono tremori, rigidità, lentezza nei movimenti e difficoltà a camminare. In seguito possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali che possono portare fino allo sviluppo di una forma di demenza (nelle fasi avanzate).

Tra le terapie previste per questa patologia è incluso il trattamento con il farmaco Levodopa. Il principio attivo L-DOPA è convertito in dopamina nei neuroni dopaminergici e, poiché i sintomi motori sono prodotti da una mancanza di questo neurotrasmettitore nella substantia nigra, la somministrazione del farmaco diminuisce temporaneamente i sintomi motori. Purtroppo solo il 5-10% di L-DOPA attraversa la barriera ematoencefalica ed il resto è metabolizzato altrove in dopamina provocando una serie di effetti collaterali tra cui nausea e rigidità articolare. I preparati a base di Levodopa portano, a lungo termine, a fluttuazioni nella risposta al trattamento farmacologico e allo sviluppo di complicanze motorie caratterizzate da movimenti involontari chiamati discinesie.
Una strategia utilizzata in passato per ridurre le complicanze motorie era quella di sospendere il trattamento con L-DOPA per un certo periodo ma ora ciò è sconsigliato perché è stato scoperto che può avere pericolosi effetti collaterali, come l’insorgenza della sindrome neurolettica maligna. In questa situazione si può comprendere quanto sia importante la scoperta fatta dai ricercatori belgi circa la neurostimolazione subtalamica precoce come risposta ai problemi motori, anche quelli causati dal farmaco.

“La stimolazione subtalamica è già un trattamento acquisito per la malattia di Parkinson in fase avanzata” dice Michael Schuepbach, neurologo dell’Università “Pierre et Marie Curie” di Parigi e primo autore dello studio. Si impianta nel nucleo subtalamico del paziente un apparecchio che invia impulsi elettrici in grado di controllare i movimenti. La stimolazione può essere regolata in modo non invasivo, l’impianto è invisibile e, pur non rimuovendo le cause, migliora le condizioni di vita.

Nello studio belga (durato 2 anni) i ricercatori hanno diviso in modo casuale 251 pazienti affetti da malattia di Parkinson con complicanze motorie precoci in 2 gruppi di studio: uno sottoposto a neurostimolazione precoce più terapia medica e l’altro alla  sola terapia medica.
Gli obiettivi erano quelli di valutare eventuali miglioramenti sulla qualità della vita dei pazienti (tramite l'uso di uno specifico questionario) e circa la gravità della disabilità motoria e delle complicanze motorie indotte da Levodopa.

I risultati ottenuti dal questionario sulla qualità della vita sono stati chiarificatori: il punteggio medio per il gruppo sottoposto a  neurostimolazione precoce era migliorato (rispetto all’inizio dello studio) di 7,8 punti al contrario di quello del gruppo sottoposto solo a terapia medica (peggiorato di 0,2 punti). La neurostimolazione dava risultati superiori rispetto alla terapia medica tradizionale per quanto concerne i miglioramenti relativi alla disabilità motoria e alle complicanze motorie indotte dal farmaco Levodopa, con conseguenti risvolti positivi sulle attività della vita quotidiana e un allungamento del tempo in cui i pazienti non erano soggetti a discinesie.
A fronte di questi importanti benefici i malati neurostimolati hanno subito anche una maggiore frequenza di eventi avversi: 55 per cento contro il 44 dei pazienti sottoposti alle sole cure mediche.

"Possiamo, comunque, dire – conclude lo studioso - che la stimolazione subtalamica precoce da risultati superiori rispetto alla terapia medica nei pazienti affetti da malattia di Parkinson con complicanze motorie e, anche se non è la soluzione definitiva, può comunque fornire anni in più di buona funzionalità motoria nei pazienti selezionati. Per questi individui e le loro famiglie si tratta di un pezzo di futuro in più da trascorrere insieme".

 

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