MILANO – L’albinismo oculocutaneo definisce un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate da una riduzione generalizzata della pigmentazione della cute, dei capelli e degli occhi, e da anomalie oftalmologiche (come il nistagmo, la riduzione dell’acuità visiva e la fotofobia) causate da un deficit di biosintesi della melanina. L’albinismo ha una trasmissione autosomica recessiva e registra una prevalenza stimata in una persona su 17.000 in tutto il mondo. L’albinismo oculocutaneo di tipo IV è una delle forme comunemente riconosciute di albinismo, ed è determinato da una mutazione nel gene SLC45A2.
Uno studio pubblicato da un gruppo di ricercatori di Milano e Firenze sulla rivista Journal of Human Genetics ha esaminato la base genetica dell’albinismo oculocutaneo di tipo IV in un bambino italiano. Lo screening mutazionale del gene SLC45A2 ha identificato due nuove mutazioni di splicing potenzialmente patogene: una transizione sinonima che coinvolge l’ultimo nucleotide dell’esone 3 e l’inserimento di un singolo nucleotide all’interno della sequenza di consenso del sito di splice del donatore dell’introne 5.
Dato che l’analisi assistita dal computer per la previsione dei siti di splice mutanti non è stata conclusiva, il team ha studiato gli effetti di queste due varianti sul pre-mRNA splicing utilizzando un approccio con il minigene in vitro. La produzione di trascritti mutanti nelle cellule HeLa ha dimostrato che entrambe le mutazioni causano l’abolizione quasi completa del sito di splice del donatore fisiologico, con lo smascheramento concomitante di siti criptici di splicing del donatore. Questo lavoro rappresenta la prima caratterizzazione molecolare approfondita dei difetti di splicing in un paziente affetto da albinismo oculocutaneo di tipo IV.