La risposta è negativa, la prevenzione deve partire da qui
L’infezione congenita da citomegalovirus (CMV) dovrebbe essere una priorità in ambito ginecologico, anche per gli alti costi correlati. Partendo da questa considerazione la ricerca nel settore della prevenzione e del trattamento dell’infezione primaria materna da CMV è diventata ormai una priorità per la sanità che dovrebbe tradursi anche nell’attività di informazione. “Dato che l’infezione congenita da CMV colpisce più bambini della sindrome di Down, dei difetti del tubo neurale o della sindrome feto-alcolica – scrivono gli autori di un recente studio pubblicato sull’American Journal of Perinatology - sarebbe logico supporre che la gente ne fosse a conoscenza. In realtà un recente sondaggio suggerisce il contrario: soltanto il 13% delle donne ed il 7% degli uomini intervistati hanno sentito parlare dell’infezione congenita da CMV."
"Dato che la trasmissione del virus avviene attraverso il contatto con i fluidi corporei - continuano gli autori - informare le donne incinte circa i modi in cui avviene il contagio e le pratiche d’igiene in grado di prevenirlo rappresenta una strategia significativa nella riduzione delle infezioni materne”.
Sono già stati effettuati studi preliminari a riguardo, dicono gli autori dell’università di Providence: nel 1996, Adler et al. hanno valutato 36 donne sieronegative, sia incinte che non incinte, le quali avevano ricevuto un’educazione, un’educazione con aderenza documentata e nessuna educazione. Sebbene il campione esaminato fosse numericamente non sufficiente a stabilire efficacemente i benefici dell’educazione, tutte le donne incinte che avevano ricevuto un’educazione di qualsiasi tipo erano rimaste sieronegative. “Questo studio – dicono gli autori - sembra evidenziare che le donne incinte siano più motivate a modificare il loro comportamento per evitare infezioni”.
Nel 2004 lo stesso Adler ha valutato i comportamenti di donne sieronegative incinte e non incinte tramite uno studio randomizzato caso-controllo. Sebbene le donne di entrambi i gruppi siano rimaste tutte sieronegative, le donne incinte che avevano ricevuto un’educazione avevano meno probabilità di diventare infette rispetto alle loro controparti non incinte. Picone et al. hanno effettuato uno studio di coorte prospettico riguardo all’effetto, sulle donne sieronegative ad alto rischio, dell’educazione e della corretta informazione circa l’igiene.
“Attualmente – concludono gli autori dello studio - non ci sono dati sufficienti, dal punto di vista strettamente scientifico, per affermare con certezza che l’educazione cambi effettivamente il comportamento e che questo stesso cambiamento si traduca in una diminuzione delle infezioni materne e delle conseguenti infezioni congenite, tuttavia è piuttosto evidente che una maggiore e migliore informazione e consapevolezza nelle coppie fertili non può che essere positiva”.