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Nuccia Gatta

La Presidente Nuccia Gatta: “La nostra mission fondamentale è la tutela a tutto campo del paziente”

Chiunque conviva con una patologia polmonare conosce bene il valore di un respiro profondo, a pieni polmoni e molte persone gravemente toccate dall’emergenza Coronavirus si sono rese conto di che cosa sia la “fame d’aria”, quando i polmoni non funzionano e l’ossigeno, per quanti sforzi si compiano, sembra non arrivare. Coloro che scoprono di avere il deficit di alfa-1-antitripsina (DAAT) imparano che la propria funzionalità polmonare, col tempo, potrebbe diminuire, e devono adottare comportamenti giusti per rallentare questo decadimento. Ad aiutarli e sostenerli in questo percorso, oltre ai medici, c’è un’associazione di pazienti.

L’Associazione Nazionale Alfa1-At Odv è nata proprio per favorire la diffusione di una corretta informazione su questa patologia ereditaria, ponendosi al fianco dei pazienti e delle loro famiglie per fornire loro una corretta assistenza nella quotidiana convivenza con il DAAT, supportando i medici e i ricercatori che si occupano di questa malattia e creando relazioni tra le varie realtà associative allo scopo di consolidare il dialogo con le figure istituzionali. “Proprio in questi giorni, Alfa1-AT Odv celebra il ventennale della sua fondazione”, spiega la Presidente Nuccia Gatta. “La nostra associazione ha come mission fondamentale la tutela a tutto campo del paziente con DAAT. Per tale ragione, Alfa1-AT non è composta solo da pazienti ma anche da familiari, caregiver, medici, amici di malati e da tutti coloro che abbiano a cuore la causa di questa condizione e desiderino dare un contributo in termini di ricerca e divulgazione, sia sulle problematiche della malattia che sulla gestione dei pazienti”.

La storia dell’Associazione ha inizio nel 2001 con un ristretto gruppo di pazienti che, incoraggiato da un comitato di medici ed esperti, ha cominciato a riunirsi e, nell’arco di vent’anni, è divenuto un punto di riferimento sul territorio nazionale. “La tutela del paziente con DAAT passa sostanzialmente dalla consapevolezza della patologia”, continua Gatta. “Le persone che ci contattano sono spesso spaventate dalla possibilità di trasmettere la malattia ai figli e disorientate per i cambiamenti che il loro organismo potrebbe subire. Infatti, più che una malattia rara, il deficit di alfa-1-antitripsina è una condizione genetica rara che implica una predisposizione allo sviluppo di alcune patologie, sulle quali spicca l’enfisema polmonare”.

Il DAAT, infatti, incrementa il rischio di sviluppare broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) ed enfisema, ma anche patologie del fegato, come cirrosi e carcinoma epatico. I segni più comuni della carenza della proteina alfa-1-antitripsina comprendono la tosse e la difficoltà di respirazione o l’insorgenza di epatopatia, ed è pertanto fondamentale giungere a una diagnosi in tempi rapidi. “Nei casi di familiarità è opportuno procedere con un dosaggio della proteina alfa-1-antitripsina in associazione all’esame della proteina C reattiva (PCR)”, spiega ancora Gatta. “In base ai risultati può essere consigliato il test genetico, che dev’essere eseguito presso centri specializzati, come ad esempio il Centro diagnostico del Policlinico S. Matteo di Pavia, riferimento nazionale per il DAAT, che oltre ad un’analisi del fenotipo effettua anche quella del genotipo, che include le varianti più rare”. In Italia, infatti, circolano varianti del DAAT estremamente rare, che solo i laboratori con una lunga esperienza possono identificare. “Gli pneumologi di tutto il Paese possono indirizzare i casi sospetti presso i centri di riferimento più vicini al luogo di residenza dei pazienti, per l’esecuzione del test genetico”, aggiunge Gatta. “L’esame si esegue in regime di esenzione temporanea dal ticket [codice R99, N.d.R.]”.

Tutti coloro che hanno ricevuto una diagnosi di BPCO dovrebbero sottoporsi ad indagine genetica perché, all’interno di questa categoria di pazienti, molti potrebbero presentare una mutazione associata al DAAT, una patologia che, ad oggi, risulta essere fortemente sottodiagnosticata. “Nei pazienti con BPCO, l’eventuale diagnosi di DAAT permette di valutare un trattamento specifico che altrimenti non sarebbe disponibile”, precisa Nuccia Gatta. “In questi casi, infatti, la terapia sostitutiva con proteina AAT, secondo gli studi finora condotti, rallenta il declino polmonare e riduce il numero di riacutizzazioni e accessi ospedalieri, migliorando la qualità di vita. Tutti i pazienti sottoposti a questa terapia sono molto soddisfatti e si sentono accompagnati nel loro percorso”.

La terapia sostitutiva richiede accessi in ospedale una volta alla settimana, per effettuare le necessarie infusioni, ma questa procedura è divenuta più accettabile grazie alla terapia domiciliare. “L’Associazione si è data un gran daffare con l’AIFA per garantire questa possibilità ai pazienti e, dopo una lunga attesa, è passata una determina che estende la possibilità di richiedere il trattamento a domicilio su tutto il territorio nazionale”, continua Gatta. “Purtroppo, non in tutte le province o regioni è stato possibile avviare l’assistenza domiciliare integrata ma, fortunatamente, alcune aziende hanno sviluppato programmi gratuiti per l’assistenza a domicilio dei pazienti, mettendo a disposizione un infermiere per la somministrazione del farmaco a casa o per la formazione del paziente all’auto-somministrazione dello stesso”. Un’opportunità preziosa che ha aiutato i pazienti a rimanere lontani dagli ospedali durante i momenti più bui della pandemia di COVID-19, e ha permesso anche a chi ha difficoltà a raggiungere il proprio ospedale di non rinunciare alla terapia, che deve essere somministrata il più presto possibile e con continuità.

Fare una corretta informazione sul deficit di alfa-1-antitripsina è fondamentale per arginare le preoccupazioni dei pazienti e aiutarli a condurre un corretto stile di vita, in modo che la patologia non si manifesti”, conclude Gatta. “Il nostro impegno, come associazione, è proprio quello di far sì che il paziente prenda in mano la propria condizione genetica rara e impari a gestirla. Abbiamo un call center sempre attivo e cerchiamo di rispondere ai dubbi di coloro che ci chiamano, indirizzandoli agli esperti più vicini e competenti sul territorio. Inoltre, diamo spazio alle testimonianze di chi ha usufruito di progetti come quello della terapia domiciliare per farne comprendere meglio il significato. Ci piace pensare di essere un ponte tra il medico e il paziente, ma non solo, anche tra il medico e le istituzioni, le quali devono imparare ad ascoltare la voce di chi soffre per potersene occupare al meglio”.

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