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Le psicologhe Mariangela Bellomo e Giada Perinel: “Le famiglie che ricevono una diagnosi di patologia cronico-degenerativa hanno un maggior rischio di sviluppare depressione e dipendenze. Le coppie spesso vanno incontro al conflitto e alla separazione”

Roma – Quali sono gli aspetti psicologici e sociali presenti nelle famiglie con ragazzi affetti da distrofia muscolare di Becker (BMD)? Il tema è stato affrontato da Mariangela Bellomo e Giada Perinel, psicologhe del Centro Ascolto Duchenne (CAD) Lombardia di Parent Project Onlus. L'associazione, infatti, nel corso della sua XVI Conferenza Internazionale, ha realizzato un meeting satellite interamente dedicato alla distrofia muscolare di Becker. Durante l’evento, Bellomo e Perinel si sono soffermate sull’analisi dell’impatto che una diagnosi di BMD produce sulla famiglia.

Dalla letteratura emerge che la diagnosi di malattia cronica e degenerativa viene vissuta dalla famiglia come un evento spiazzante ed improvviso, stressante e dalla forte valenza traumatica, che produce in tutti i suoi membri emozioni intense, spesso di evitamento, e che porta ad un cambiamento rispetto alle aspettative future. La famiglia si trova a dover elaborare il vissuto traumatico: a livello cognitivo deve prendere consapevolezza e comprendere appieno il significato della diagnosi, a livello emotivo si trova ad essere preda di preoccupazioni, paure e incertezze riguardo al futuro, a livello comportamentale è necessario integrare nel proprio stile di vita familiare visite, orari e cure del proprio figlio.

La diagnosi, in quanto evento traumatico, produce inevitabilmente un aumento del livello di stress. Le modalità con cui il 'sistema famiglia', e i singoli membri che lo compongono, fa fronte alla situazione stressante possono essere tre:
- uno sbilanciamento su strategie attive: i membri della famiglia sono attivi da un punto di vista pratico mettendo da parte la componente emotiva. È possibile che in questo condizioni vengano attivate strategie di misconoscimento della realtà e che divenga difficile prendere veramente consapevolezza di quello che succede, mettendo da parte la sofferenza provata;
- uno sbilanciamento sulla componente empatica: si diviene preda delle emozioni; gli individui si trovano in balia della sofferenza che diviene paralizzante;
- un equilibrio tra la componente empatica e quella operativa.

La letteratura sul tema riferisce come le famiglie che ricevono una diagnosi di patologia cronico-degenerativa abbiano maggior rischio di sviluppare patologie depressive, dipendenze e comportamenti più o meno problematici. In particolare, le coppie mostrerebbero un maggior rischio di andare incontro al conflitto e alla separazione coniugale. D'altra parte, fattori individuali come la struttura di personalità dei partner, la modalità di gestione e di far fronte agli eventi stressanti, la fase del ciclo di vita e la presenza di sistemi di supporto sociale, possono prevenire l’insorgenza delle difficoltà sopra elencate.

Uno studio italiano ha individuato che le famiglie con un figlio Becker sperimentano un carico psicologico ed emotivo di impatto inferiore rispetto ai genitori con un figlio Duchenne, probabilmente perché la prima patologia ha un decorso clinico variabile ed imprevedibile. Questo elemento, se da una parte può essere considerato un fattore di protezione, dall’altra è segnalato dai genitori come un fattore di rischio, poiché riferiscono di vivere nell’imprevedibilità. Le famiglie riportano che il prendersi cura dei figli è un fattore di crescita personale e di resilienza, intesa come la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità che la vita offre, senza alienare la propria identità.

Se poi si analizza l’impatto che la diagnosi produce sui ragazzi nelle varie fasi del ciclo di vita, emerge che:
- nell’infanzia i vissuti emotivi sperimentati possono essere di forte ansia; possono emergere problematiche nella regolazione emotiva (come l'essere impulsivi), aspetti depressivi e di ritiro sociale, aspetti impulsivi e comportamenti oppositivi;
- nell’adolescenza si assiste ad un bisogno del ragazzo di maggiore autonomia e indipendenza. È la fase di individuazione e di svincolo in cui diviene importante protendersi verso il gruppo dei pari che diviene riferimento primario per l’immagine di sé. Alla luce di tutti questi cambiamenti emotivi, psicologici, fisici e comportamentali, i ragazzi possono sperimentare vissuti di rabbia rivolti a se stessi e al proprio corpo che cambia o che non risponde come quello dei pari, oppure verso i genitori, verso il gruppo dei pari o rispetto al futuro; possono emergere, inoltre, sentimenti di solitudine e di isolamento;
- nell’età adulta si assiste alla necessità di dare significato e soddisfazione ai bisogni di autonomia nell’incertezza, di trovare il modo migliore di vivere il presente con uno sguardo sul futuro. Si può parlare perciò di una 'indipendenza dipendente' in cui sia pensabile, oltre che attuabile, una vita autonoma, pur con un’assistenza.

L’aspetto sociale e psicologico della distrofia muscolare di Becker è stato poi approfondito con il coinvolgimento di due ragazzi BMD dell’associazione Parent Project: i delegati territoriali di Lombardia e Veneto Fabio Superti e Antonio Bellon. La loro testimonianza è stata fondamentale per consolidare alcuni aspetti psicologici relativi all’impatto della Becker, al processo di adattamento alla patologia – anche all’interno della famiglia – e ai cambiamenti corporei. Entrambi hanno riferito che apportare il loro contributo ha permesso loro di essersi sentiti utili, meno soli, in “buona compagnia”. Inoltre, ascoltare il loro racconto ha permesso a ragazzi, famiglie, operatori, di entrare maggiormente in contatto con i vissuti di chi affronta in prima persona la BMD, creando vicinanza, calore e desiderio di condivisione.

Tra i due ragazzi e gli altri presenti alla Conferenza è nata infatti una bella amicizia e un desiderio maggiore di contribuire alla comunità Becker attraverso l’organizzazione di giornate in cui radunarsi tutti per stare insieme e condividere le proprie esperienze. La loro partecipazione ha permesso, quindi, la condivisione non tanto di informazioni tecniche, ma più che altro di verità, di esperienza concreta, di vita e di speranza.

Leggi il report scientifico completo, a cura di Francesca Ceradini, Mariangela Bellomo e Giada Perinel, sul sito di Parent Project Onlus.

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