Secondo un recente studio americano, i regimi di profilassi con i nuovi prodotti a emivita prolungata, consentendo infusioni meno frequenti, possono alleviare le difficoltà relative all'accesso venoso e ai vincoli di tempo, nonché permettere l'attività fisica
San Diego (U.S.A.) – Nelle persone con emofilia moderata e grave, i regimi di profilassi con i fattori della coagulazione riducono la comparsa degli episodi di sanguinamento e mantengono la salute delle articolazioni. Tuttavia, questi risultati possono essere raggiunti solo con l'aderenza ai regimi prescritti. Una recente revisione della letteratura, pubblicata sulla rivista Patient Preference and Adherence e condotta dalle ricercatrici statunitensi Courtney Thornburg e Natalie Duncan, ha fatto il punto su questo delicato tema.
Secondo le autrici, esistono cinque diversi tipi di barriere che possono limitare l'aderenza, e sono legate a variabili che riguardano il paziente, le sue condizioni, il tipo di trattamento, il sistema sanitario e i fattori socioeconomici. In particolare, i regimi di profilassi comportano in genere due o quattro infusioni a settimana, e i pazienti, o i genitori dei pazienti più piccoli, citano spesso le difficoltà relative all'accesso venoso. I medici, inoltre, non possono prescrivere la profilassi se percepiscono che un paziente non sarà aderente.
“Dovrebbero essere sviluppate, con il paziente e la famiglia, delle strategie di trattamento profilattico incentrate su obiettivi personalizzati, per incoraggiare la fiducia nell'importanza della somministrazione”, scrivono Thornburg e Duncan. “Queste strategie possono includere informazioni verbali e scritte fornite dai medici, dai coetanei o da media interattivi”.
Un'adeguata aderenza è comunemente ma arbitrariamente definita come l'assunzione di almeno il 75-80% delle dosi di un farmaco. Per misurarla è stata sviluppata e validata una scala costituita da 24 domande, chiamata VERITAS-Pro (Validated hEmophilia-RegImen Treatment-Adherence Scale – Prophylaxis), che fornisce un metodo standardizzato per valutare l'aderenza alla profilassi.
Grazie a questa misurazione, in un sondaggio del 2010 (Zappa et al.) è stato possibile registrare l'aderenza più alta nei bambini di circa 2 anni (il 90%) e la più bassa nei ragazzi fra i 18 e i 24 anni (il 64%).
Già nel 2004, uno studio (Duncan et al.) aveva dimostrato che nel gruppo di pazienti con una scarsa aderenza, una percentuale maggiore di soggetti aveva sperimentato uno o più sanguinamenti annuali rispetto al gruppo con una buona aderenza (l'86% contro il 62%).
Secondo un altro studio di coorte su 44 pazienti con emofilia A grave (Collins et al.), l'aderenza al regime di profilassi può ridurre la frequenza degli eventi emorragici. L'aumentare del tempo trascorso con un'attività di fattore VIII inferiore all'1% è stato infatti associato a eventi emorragici ed emartrosi. Il tempo trascorso sotto l'1% era influenzato dall'aderenza, e i soggetti meno aderenti hanno avuto più emorragie.
Non solo: altri studi hanno dimostrato una relazione fra aderenza alla profilassi e dolore. È bene ricordare che il dolore intacca fortemente la vita dei pazienti emofilici, come recentemente dimostrato anche da un'indagine italiana condotta da DoxaPharma grazie al contributo incondizionato di Sobi (qui è possibile consultare i risultati dell’indagine). Per questi pazienti, diminuire il dolore significa migliorare sensibilmente la loro qualità di vita. L’aderenza terapeutica permette dunque di diminuire il dolore?
Negli adulti e nei bambini statunitensi con emofilia, con regimi di trattamento ad alta intensità (compresa la profilassi), una maggiore aderenza è stata associata ad un miglior punteggio relativo al dolore fisico in una scala sulla qualità di vita (du Treil et al.).
Più recentemente, un altro studio americano (McLaughlin et al.) ha confermato una relazione inversa tra l'aderenza al trattamento e il dolore cronico negli adolescenti e nei giovani adulti con emofilia moderata o grave.
Lo sviluppo dei nuovi prodotti a emivita prolungata, che riducono la frequenza di somministrazione, ha dunque il potenziale per aumentare l'aderenza e l'accettazione della profilassi da parte del paziente, riducendo l'onere nel calendario delle infusioni e probabilmente riducendo anche il dolore fisico e di conseguenza la qualità della vita in generale.
“I regimi di profilassi che consentono infusioni meno frequenti possono alleviare le difficoltà relative all'accesso venoso e ai vincoli di tempo”, proseguono Thornburg e Duncan. “Per i bambini piccoli è possibile ricevere la profilassi mediante infusione periferica, e i cateteri totalmente interni (port) possono essere sospesi in giovane età, quando le infusioni sono meno frequenti. In alternativa, i pazienti possono accettare la profilassi se percepiscono che con i nuovi prodotti avranno una protezione migliore”, concludono le autrici, citando i lavori di Klamroth et al., Windiga et al. e Bosworth et al. “L'aumento dell'attività fisica e il miglioramento della qualità di vita sono gli importanti risultati che sono emersi con i nuovi fattori a emivita prolungata”.