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Terapia genica

A tre anni dal trattamento, i risultati mostrano un tasso di sanguinamenti vicino allo zero ma anche un calo dei livelli di fattore VIII

San Rafael (U.S.A.) – In occasione dell'ultimo congresso ISTH (International Society on Thrombosis and Haemostasis), BioMarin Pharmaceutical ha presentato un aggiornamento dei risultati dello studio di Fase I/II, in aperto, su valoctocogene roxaparvovec, una terapia genica sperimentale in via di sviluppo per il trattamento di pazienti adulti con emofilia A grave. Nei pazienti trattati con il dosaggio maggiore (6e13 vg/kg), i dati a tre anni evidenziano un controllo duraturo del tasso annualizzato di sanguinamenti (ABR), con una mediana di ABR pari a 0 e una media pari a 0,7. Per quanto riguarda i livelli di espressione di fattore VIII, invece, i risultati al terzo anno dal trattamento mostrano un lieve calo dopo quello più sensibile rilevato al secondo anno.

Le persone con emofilia A non producono una quantità di fattore VIII sufficiente per la coagulazione del sangue e sono a rischio di emorragie dolorose e potenzialmente letali a causa di lesioni anche modeste. Inoltre, i pazienti affetti dalla forma grave spesso manifestano emorragie spontanee dolorose nei muscoli o nelle articolazioni. Lo standard di cura per il 43% di loro è un regime profilattico basato su infusioni di fattore VIII somministrate per via endovenosa 2-3 volte la settimana. Nonostante questo trattamento, molte persone continuano a soffrire di sanguinamenti, con conseguenti danni alle articolazioni progressivi e debilitanti, che possono avere un impatto importante sulla loro qualità di vita.

Lo studio di Fase I/II su valoctocogene roxaparvovec, tuttora in corso, è stato progettato per valutare la sicurezza e l'efficacia della terapia in due diversi dosaggi (6e13 vg/kg e 4e13 vg/kg). Nella coorte 6e13 vg/kg, i dati hanno mostrato riduzioni sostanziali e costanti nel numero di sanguinamenti che hanno richiesto infusioni di fattore VIII. Nell'anno precedente all'ingresso nello studio, l'ABR medio era 16,3 e quello mediano era 16,5. Dopo tre anni, l'ABR medio era 0,7 e quello mediano era pari a zero. Ciò rappresenta una riduzione del 96% dell'ABR medio, con una continua assenza di articolazioni bersaglio e sanguinamento articolare nell'arco dei tre anni osservati.

Nel primo, secondo e terzo anno, rispettivamente il 71%, 86% e 86% dei partecipanti allo studio non ha avuto alcun sanguinamento che ha richiesto infusioni di fattore VIII; nell'anno precedente all'ingresso nello studio, invece, la percentuale era del 14%. C'è stata quindi una riduzione del 96% nell'uso medio di fattore VIII nell'arco di tre anni: nel primo, secondo e terzo anno, la riduzione è stata rispettivamente del 98%, del 94% e del 96%.

Nella coorte 6e13 vg/kg, i livelli medi di attività del fattore VIII nell'arco di tre anni supportano la riduzione dei tassi di sanguinamento e mostrano un appiattimento del declino nei test cromogenici e “one stage”, espressi in unità internazionali per decilitro (UI/dL). Alla fine del primo, secondo e terzo anno, post-infusione, il livello medio di attività del fattore VIII era rispettivamente di 64,3, 36,4 e 32,7 UI/dL, mentre i risultati medi del dosaggio “one stage” alla fine del primo, del secondo e del terzo anno erano rispettivamente di 103,8, 59,0 e 52,3 IU/dL. I livelli mediani di attività del fattore VIII alla fine del primo, secondo e terzo anno erano rispettivamente di 60,3, 26,2 e 19,9 IU/dL, mentre quelli del test “one stage” alla fine del primo, secondo e terzo anno erano rispettivamente di 88,6, 45,7 e 29,8 IU/dL. Durante il secondo e il terzo anno dalla somministrazione dell'infusione, i livelli di fattore VIII sono diminuiti al ritmo di 5,72 IU/dL all'anno.

I dati disponibili suggeriscono che la perdita di espressione del fattore VIII dipenda dal livello di espressione e sembri diminuire più lentamente man mano che diminuiscono il tempo e il livello di espressione. Agli attuali tassi di declino, pare che l'attività del fattore VIII si stia avvicinando a un plateau e che proietti l'espressione del fattore per un periodo di tempo prolungato.

“Le persone con emofilia A grave continuano a manifestare sanguinamenti significativi clinicamente rilevanti nonostante gli attuali standard di cura e possono essere limitati nelle loro attività fisiche”, ha detto il professor John Pasi, della Barts and the London School of Medicine and Dentistry, ricercatore capo nello studio di Fase I/II e fra i principali sperimentatori nello studio di Fase III. “Valoctocogene roxaparvovec rappresenta una terapia sperimentale potenzialmente trasformativa che potrebbe migliorare la qualità di vita dei pazienti, incluse le conseguenze dei sanguinamenti, la funzionalità fisica, l'impatto emotivo e le preoccupazioni relative al trattamento”.

BioMarin Pharmaceutical ha annunciato che, in base ai recenti incontri con le autorità sanitarie negli Stati Uniti e in Europa, prevede di presentare domande di commercializzazione per valoctocogene roxaparvovec sia alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense che all'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) nell'ultimo trimestre del 2019.

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