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Giovanni Di Minno

Il prof. Giovanni Di Minno (Napoli): “I primi pazienti arruolati nello studio PROTECT VIII non hanno riscontrato emorragie per più di 8 anni”

Emorragie - nei casi più gravi, spontanee ed estese - non solo a livello delle articolazioni ma anche dei muscoli, delle mucose o degli organi interni: è questa la caratteristica più nota dell’emofilia, una patologia rara a cui si accompagna anche deterioramento e dolore articolare, con un notevole impatto sulla vita dei pazienti. Fortunatamente, il ricorso a terapie con fattori ricombinanti come il farmaco damoctocog alfa pegol (commercialmente noto come Jivi) ha incrementato la qualità di vita delle persone con emofilia A e i risultati della fase di estensione dello studio PROTECT VIII, pubblicati sulla rivista Haemophilia, ne sono la prova concreta.

A differenza dell’emofilia B, in cui a mancare è il fattore IX della coagulazione, il tratto distintivo dell’emofilia A è la carenza del fattore VIII (FVIII), una proteina indispensabile per la corretta configurazione degli enzimi sulla superficie delle piastrine. Di conseguenza, la prima opzione per gli emofilici consiste nell’infusione di un prodotto proteico che rimpiazzi la componente mancante o carente nella catena della coagulazione. Negli anni, lo sviluppo di plasmaderivati ha subito una forte evoluzione tanto che oggi la terapia profilattica con fattori ricombinanti è considerata efficace e sicura. Ciononostante, al fine di garantire una miglior aderenza ai regimi di trattamento, è importante valutare periodicamente le strategie e le molecole in uso, definendo sul fenotipo di malattia e sullo stile di vita del malato il regime di dosaggio di tali trattamenti.

“Le considerazioni chiave nella scelta di un trattamento per l’emofilia sono la sicurezza, l’efficacia e la capacità di cogliere gli obiettivi individuali del paziente”, spiega il prof. Giovanni Di Minno, del Dipartimento di Clinica Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Federico II” di Napoli. “È stato dimostrato come la terapia sostitutiva con FVIII risulti essere una scelta sicura ed efficace nel trattamento di questa patologia, con un profilo di sicurezza a lungo termine stabilito in diverse popolazioni di pazienti. Con un regime di dosaggio flessibile, i prodotti ad emivita prolungata offrono l’opportunità di una maggiore protezione dalle emorragie, garantendo livelli elevati di FVIII e una maggior protezione delle articolazioni. Sono queste le implicazioni cliniche che differenziano prodotti come damoctocog alfa pegol da altre terapie sostitutive”. Infatti, dalla valutazione dei dati dello studio PROTECT VIII, il farmaco di Bayer aveva dimostrato di poter ridurre in maniera significativa i tassi di sanguinamento con un regime di dosaggio fino a una sola volta alla settimana; l’equipe medica internazionale che ha partecipato ai lavori del trial clinico PROTECT VIII ha valutato l’efficacia e la sicurezza a lungo termine di damoctocog alfa pegol in pazienti affetti da emofilia A, riportando i risultati definitivi della fase di estensione dello studio.

“Il mio centro ha preso parte alla sperimentazione clinica PROTECT VIII”, precisa Di Minno. “Abbiamo arruolato i nostri primi pazienti oltre 8 anni fa ed essi hanno portato a termine lo studio e anche il trial di estensione senza osservare alcun sanguinamento. Ciò significa che non riscontriamo sanguinamenti nei nostri pazienti da più di 8 anni. Non molto tempo fa un tale risultato era considerato irraggiungibile”. Damoctocog alfa pegol è un farmaco strutturato per interrompere le emorragie nei pazienti emofilici, riducendo nel contempo anche la frequenza delle infusioni settimanali. “Prima di entrare in questo studio, uno dei nostri pazienti si sottoponeva ad infusioni di FVIII tre volte alla settimana, continuando a riportare un numero annuale di sanguinamenti pari a 10, con emorragie spesso a carico delle articolazioni”, ricorda Di Minno. “In un altro ancora, soggetto ad infusioni due volte alla settimana, tale livello arrivava a 15. Con il passaggio a damoctocog alfa pegol, entrambi non hanno più avuto problemi di sanguinamento. Il numero annuale di sanguinamenti si è azzerato e si è mantenuto nel tempo, con un ottimo profilo di sicurezza”. Il trattamento con damoctocog alfa pegol, infatti, non ha suscitato effetti collaterali imprevisti e non ha prodotto evidenze di accumulo di polietilenglicole (PEG) - il polimero usato per favorire l’estensione di emivita del farmaco - permettendo ai pazienti di ridurre le infusioni da 2 o 3 fino a una volta alla settimana. Inoltre, grazie ai tre regimi posologici approvati (2 volte alla settimana; ogni 5 giorni; ogni 7 giorni), il farmaco consente una maggior flessibilità nei programmi di trattamento ed è concepito anche per permettere al paziente di riprendere a praticare eventuali attività sportive.

“Non sperimentare le conseguenze di un’emorragia in un arco di tempo così prolungato ha determinato nei pazienti un decremento del dolore articolare. Ciò significa articolazioni più sane e una più elevata qualità della vita”, aggiunge l’esperto campano. “Per i pazienti più giovani l’obiettivo era anche il raggiungimento di una protezione tale da permettere loro di impegnarsi in più attività e ciò è stato possibile. Uno di loro, in particolare, da quando è entrato in terapia con damoctocog alfa pegol ha ripreso a nuotare e a giocare a golf. Credo che questi risultati si possano tranquillamente definire sorprendenti. Non conta solamente il raggiungimento degli obiettivi clinici, dobbiamo anche avere la possibilità di restituire ai malati ciò di cui hanno bisogno per sentirsi più attivi, soddisfacendo le loro aspettative individuali. In questo sta il valore di farmaci moderni come quello che abbiamo testato”.

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