MANTOVA - Un recente studio, svolto dal Dottor Massimo Franchini, Direttore del Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia – Centro Emofilia dell’Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova, ci ha aiutato a fare chiarezza su un argomento estremamente importante per i pazienti affetti da emofilia A: lo sviluppo degli inibitori.
L’emofilia A, rara patologia genetica ereditaria legata al cromosma X, è caratterizzata dalla carenza o assenza dei fattori di coagulazione nel sangue. Nell’emofilia A il fattore carente o mancante è il fattore VIII della coagulazione. Tale carenza comporta emorragie spontanee e, se non trattata, il rischio di sviluppare l’artropatia emofilica.
“L’artropatia è la principale complicanza di questa patologia – spiega Franchini - che consiste in versamenti ematici nelle articolazioni, che a lungo andare possono indurre disabilità grave. Per ovviare a tale complicanza e per offrire ai pazienti emofilici una vita normale, da più di 30 anni è disponibile la terapia profilattica. La profilassi consiste nella somministrazione ad intervalli regolari del fattore mancante, per fare in modo che la patologia possa regredire dalla forma grave alla forma lieve o moderata. Una patologia lieve-moderata cambia completamente la qualità e l’aspettativa di vita del paziente che può condurre una vita attiva e persino fare sport.”
La profilassi viene dunque offerta a tutti i pazienti emofilici con deficit grave del fattore VIII, esiste tuttavia il rischio che alcuni di essi sviluppino un'inibitore. Che cosa vuol dire?
“Dal momento che questi pazienti non hanno il fattore VIII, con le infusioni dei concentrati può capitare che il sistema immunitario riconosca il fattore somministrato come sostanza estranea e che inizi a produrre anticorpi inibitori per inattivarlo (2). In questo modo - continua Franchini - la terapia diventa totalmente inefficace e non protegge il paziente dal rischio di sviluppare episodi emorragici anche gravi. Tale processo dipende da una serie di cause multifattoriali, in cui la genetica sicuramente gioca un ruolo importante. Sembra infatti essere la stessa mutazione che causa l’emofilia a determinare la probabilità dello sviluppo degli inibitori.”
E’ vero però che negli ultimi anni la comunità scientifica si è concentrata sul ruolo delle diverse tipologie di concentrati di fattore VIII e sulla possibilità che siano essi a causare maggiore o minore probabilità di sviluppo degli inibitori. Per questo il Dott. Franchini ha realizzato una metanalisi, pubblicata sulla rivista internazionale Seminars in Thrombosis and Hemostasis, nella quale ha analizzato circa 30 studi, condotti su più di 1400 pazienti emofilici, per chiarire il ruolo dei diversi concentrati.
“I prodotti concentrati sono sostanzialmente di due tipi – spiega Franchini - plasma-derivati (derivati dal plasma umano raccolto tramite donazioni) e ricombinanti (cioè derivati dalla tecnologia del DNA ricombinante). La metanalisi recentemente pubblicata mostra una differenza statisticamente non significativa nel rischio di sviluppo di inibitori tra i concentrati di FVIII plasmaderivati e ricombinanti. Tuttavia, questa meta-analisi mette insieme numerosi lavori estremamente diversi tra loro e con piccole casistiche di pazienti. Pertanto, per avere una risposta definitiva a questo problema bisogna attendere il termine dell'unico studio randomizzato in corso, lo studio SIPPET coordinato dal Centro Emofilia di Milano."
Come si sceglie quindi la terapia per un paziente affetto da emofilia A?
“I concentrati di FVIII plasmaderivati – spiega Franchini - oggigiorno sono assolutamente sicuri dal punto di vista infettivo, non essendo stata documentata alcuna trasmissione di virus epatitici o HIV negli ultimi 25 anni."
Ricordiamo inoltre che i due prodotti sono differenti dal punto di vista dei costi: il costo dei concentrati di FVIII plasmaderivati ottenuti in conto-lavorazione è enormemente inferiore rispetto al costo dei concentrati ricombinanti (0,09 euro per unità per i plasma-derivati rispetto a 0,7 euro per unità per i ricombinanti).
“Per quanto riguarda il rischio di sviluppo di inibitore, siamo in attesa di dati derivati dallo studio randomizzato in corso. La scelta della terapia, deve essere comunque fatta insieme al paziente.”
“I pazienti hanno un ruolo fondamentale – conclude Franchini – Devono essere informati correttamente riguardo alle varie opzioni terapeutiche e la scelta terapeutica deve essere condivisa con loro.”
Per approfondire:
1. Mannucci PM, Tuddenham EGD. The hemophiliac – from royal genes to gene therapy. N Engl J Med 2001; 344: 1773-9.
2. Astermark J. Overview of inhibitors. Semin Hematol 2006; 43(2 Suppl): S3-S7.
3. Franchini M, Coppola A, Rocino A, Santagostino E, Tagliaferri A, Zanon E, Morfini M; on behalf the Italian Association of Hemophilia Centers (AICE) Working Group. Systematic review of the role of FVIII concentrates in inhibitor development in previously untreated patients with severe hemophilia A: a 2013 update. Semin Thromb Hemost 2013;39:752-766.