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MILANO – Grazie ai nuovi farmaci in corso di sperimentazione, per i pazienti con emofilia B non saranno più necessarie iniezioni endovena due o tre volte la settimana, ma solo una ogni 10-15 giorni. Ne abbiamo parlato con il Prof. Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. L’emofilia B è una rara malattia emorragica congenita caratterizzata da un deficit del fattore IX della coagulazione. È chiamata anche malattia di Christmas, dal nome del primo paziente cui fu diagnosticata, Stephen Christmas, che per una triste fatalità non morì a causa dell’emofilia ma dell’AIDS, contratto dal sangue infetto nel corso delle trasfusioni alle quali era sottoposto.

 

Professore, qual è l’incidenza dell’emofilia B?

È il secondo più frequente disturbo congenito della coagulazione del sangue: colpisce una persona su 50-60.000. Si riscontra già dalla nascita e colpisce solo i maschi. È sostanzialmente simile e ha la stessa gravità dell’emofilia A (1 caso su 10.000), ma è meno frequente.

Quali sono i sintomi della malattia?

Provoca emorragie da lievi a gravi, non solo epistassi ma anche sanguinamenti interni, nei muscoli e nelle articolazioni, spontanei o dovuti a lievi traumi, ma che possono portare a danni permanenti. Ciò nonostante, la sopravvivenza è uguale a quella del resto della popolazione maschile nel paese di riferimento.

La terapia consolidata, da più di trent’anni, è il fattore IX endovena.

Sì, però il concentrato di fattore IX ha un’emivita molto breve, quindi viene eliminato dalla circolazione abbastanza rapidamente e richiede infusioni frequenti, due o tre volte la settimana. E questo, soprattutto nei bambini, non è un problema da poco.

Ma ora è in corso la sperimentazione di nuovi farmaci che risolverebbero questo problema.

Diverse tecnologie sono state applicate per estendere l’emivita del fattore IX fino a 5 volte, tra cui le proteine di fusione Fc, la fusione di albumina ricombinante e l’aggiunta di polimeri PEG. Con questi metodi il numero di iniezioni endovena si riduce a una ogni 10-15 giorni. Una cura definitiva non esiste, anche se al Royal Free Hospital di Londra lo staff del Prof. Amit Nathwani ha somministrato ad una decina di pazienti la terapia genica, ottenendo livelli misurabili di fattore IX da anni.

Ha parlato di queste nuove molecole nel suo ultimo articolo, con il collega Massimo Franchini sulla rivista Expert Opinion on Emerging Drugs.

In questa review abbiamo riassunto i principali risultati degli studi di fase I, II e III sulle nuove molecole di fattore IX, ingegnerizzate per avere un’emivita più lunga. Alcune di queste sono in una fase avanzata di sviluppo, come ad esempio l’rFIX-Fc, che è stato lanciato nel mese di marzo 2014.

Quanto si dovrà attendere in Europa perché questi farmaci siano messi in commercio?

La FDA ne ha già autorizzato l’uso per gli adulti negli Stati Uniti, ma in Europa ci vorrà come minimo un anno a causa dei “requisiti pediatrici” dell’EMA. Ho affrontato questo tema recentemente, in un articolo scritto con la Prof.ssa Flora Peyvandi e altri colleghi su Nature Medicine. L’Agenzia europea per i medicinali richiede che gli sviluppatori di farmaci presentino un “piano di sperimentazione pediatrica”, per garantire che vi sia un’adeguata informazione su come i bambini reagiscono al farmaco sperimentale prima che vada sul mercato. Ma questa esigenza pone un vincolo eccessivo per i produttori di nuovi farmaci per l’emofilia e minaccia di creare un ritardo irragionevole per l’accesso a queste terapie nell’Unione Europea. Si potrebbe iniziare ad autorizzarle per gli adulti, e in un secondo tempo, qualora idonee, estenderle anche ai pazienti pediatrici.

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