La sperimentazione per ora effettuata solo sugli animali, sembrerebbe non causare malattie secondarie
Attualmente le persone affette da emofilia, sia di tipo A che di tipo B, la più rara, hanno a disposizione una serie di farmaci che permettono loro di avere un’aspettativa di vita elevata e una buona qualità della stessa, una cura definitiva però non esiste e in questo senso si guarda con interesse alle tecniche di genetica. Ed è proprio seguendo questo filone di ricerca che una gruppo di ricercatori americani del Children's Hospital di Philadelphia (Stati Uniti) e della Sangamo BioSciences (Richmond, Stati Uniti) hanno sperimentato sui topi un nuovo metodo di terapia genica chiamato ‘genome editing’ che sembra in grado di annullare l’effetto patologico di ben il 95 per cento delle mutazioni associate all’emofilia B. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature. Stando ai risultati questi tipo di procedimento mantiene la sua efficacia a lungo termine e senza effetti collaterali. Ques’ultimo sarebbe un risultato di particolare interesse poiché fino ad oggi uno dei maggiori rischi associati alle tecniche di terapia genica era quello che, spesso a causa del vettore usato, o comunque per effetto di una modificazione genetica, nel paziente potesse originarsi una nuova patologie, spesso un cancro.
Le tecnica del ‘Genome Editing’ sembrerebbe, secondo questi primi studi, non avere questo grave effetto collaterale. I ricercatori tuttavia sono cauti, secondo Katherine High, ematologa e coordinatrice dello studio “dovrà passare del tempo prima che il ''genome editing'' possa essere utilizzato nella terapia, ma è un passo avanti nello sviluppo delle terapie geniche''.