Enrico ha corso la maratona di New York: ‘Da bambino mi sentivo diverso. Oggi vivo una vita normale e mi impegno per far conoscere la malattia’
Pavia – “La mia diagnosi è arrivata dopo pochi mesi di vita, ho sempre convissuto con questa malattia rara che si chiama emofilia. Ma sono orgoglioso di questo traguardo, per quello che rappresenta per me e per il messaggio importantissimo che sta passando: con la malattia si può vivere una vita normale!” Inizia così la testimonianza di Enrico, 23 anni, da qualche settimana ormai sotto i riflettori della stampa nazionale per aver partecipato alla celeberrima maratona di New York, correndo con la maglietta della Federazione italiana emofilici, Fedemo.
“Faccio parte della Federazione da diversi anni e proprio dalla Federazione è arrivata la proposta di partecipare alla maratona di NY. La preparazione è costata un duro lavoro di preparazione fisica e mentale. Io sono uno sportivo, pratico la pallanuoto da molti anni e mi alleno tre volte a settimana. A questi allenamenti ne ho affiancati altri due (per un totale di 5 allenamenti a settimana, ndr), sempre sotto monitoraggio medico. I rischi per me erano quelli legati ai miei problemi articolari, tipici della patologia. Al trentaduesimo chilometro non ce la facevo più a correre. Ma ho stretto i denti, non mi sono arreso e ho portato a termine la mia piccola grande impresa, considerando che si trattava della mia prima esperienza di maratona, per me e per quanti come me con la malattia convivono.”
La maratona è stata dunque un’impresa fisica e simbolica, per dimostrare al mondo che è possibile trascendere i propri limiti con grande forza di volontà. Anche in presenza di una grave patologia che però oggi, grazie anche ai progressi di scienza e farmaceutica è diventata decisamente gestibile.
La malattia di Enrico si è presentata praticamente alla nascita. “Avevo pochi mesi, mi sono ricoperto di lividi e i miei genitori hanno scoperto la malattia: emofilia B in forma grave. Per tutta la vita ho seguito la terapia, che consiste nell’infusione del fattore ottavo della coagulazione, che nell’emofila B è carente. Fino a qualche anno fa facevo due infusioni a settimana. Ora grazie alle più moderne terapie (cioè all’infusione del fattore ricombinante) posso fare le infusioni una volta ogni due settimane. Per me, cresciuto facendone due a settimana, è praticamente come non avere la malattia.”
Oggi la prospettiva di Enrico è quella di un ragazzo sano e sereno. “Non è sempre stato così, quando ero adolescente mi sentivo diverso. Facevo il possibile per non far sapere ai compagni di classe della malattia, non ne parlavo e non capivo perché fosse toccato a me. Poi il periodo critico è passato, anche grazie alla conoscenza di molti altri ragazzi che come me convivevano con questa patologia. Grazie a un progetto regionale ho potuto frequentare diversi periodi di vacanza organizzati proprio con l’obiettivo di farci conoscere tra di noi. Così ho capito di non essere diverso, di poter vivere una vita normale. Ora non solo accetto la malattia ma sono impegnato in prima linea con le attività di Fedemo in termini di promozione della conoscenza della patologia. Faccio sport, pur avendo problemi articolari da tenere sotto controllo. Studio biotecnologie all’università di Pavia e non nego che al momento della scelta del percorso di studi ho pensato: forse in futuro troverò nuove cure per patologie come la mia.”