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L’Emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è una malattia clonale acquisita delle cellule ematopoietiche, caratterizzata da anemia emolitica corpuscolare, insufficienza del midollo osseo e frequenti episodi trombotici. Un recente articolo apparso su Blood ha riportato uno studio italiano, coordinato dal Dott. Antonio Risitano, che ha studiato una nuova strategia terapeutica per la malattia. Va detto infatti che per questa malattia esiste già un farmaco orano approvato in commercio, l’Eculizumab di Alexion, un anticorpo monoclonale con designazione orfana anche per la sindrome emolitico uremica atipica.  Il team di ricerca ha studiato in vitro l’effetto dell’inibitore CAP.TT30 65kDa (una proteina ricombinante umana) sugli eritrociti anomali nella EPN, con buoni risultati potenziali.
Pare quindi che le ricerche successive potranno concentrarsi sul trattamento dei pazienti.

L'emoglobinuria parossistica notturna ha una prevalenza stimata in circa 1/500.000. I sintomi clinici sono variabili e comprendono l'anemia emolitica, la trombosi dei grossi vasi (che coinvolge le vene epatiche, addominali, cerebrali e della cute) e il deficit moderato-grave dell'emopoiesi, che può esitare in pancitopenia. I segni caratteristici sono il pallore, l'affaticamento e l'affanno durante le attività. L'emoglobinuria porta alla produzione, durante la notte e al primo mattino, di urine scure; i pazienti possono presentare insufficienza renale. Può essere presente ittero. In rapporto alle loro localizzazioni, le trombosi (che colpiscono il 40 per cento dei pazienti) possono causare dolore addominale, ischemia intestinale, epatomegalia, ascite o cefalea. I pazienti possono presentare emorragia gengivale o epistassi. L'EPN è una malattia cronica con crisi emolitiche, che possono essere scatenate da fattori diversi, come le vaccinazioni, gli interventi chirurgici, alcuni antibiotici e le infezioni. L'insufficienza del midollo osseo può evidenziarsi all'inizio o essere una complicazione tardiva della malattia (20 per cento dei casi).

L'EPN è causata da mutazioni somatiche nel gene PIGA (Xp22.1), che codifica per una proteina che è coinvolta nella biosintesi del glicosilfosfatidilinositolo (GFI). La mutazione origina in una o in più cellule ematopoietiche ed esita nella carenza (parziale o totale) delle proteine GPI ancorate alle membrane cellulari (le più importanti sono CD55 e CD59).

Per ulteriori informazioni sulla malattia potete consultare Orphanet.

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