La prima volta che ho telefonato erano le 10 di mattina, il telefono ha squillato a vuoto e poco dopo mi è attivato un sms: ‘Sto facendo ginnastica respiratoria, poi ho l’aerosol, possiamo sentirci nel primo pomeriggio?’. Il messaggio arriva da Arianna, una donna di 44 anni che vive a Cisterna di Latina: la sto cercando per invitarla ad un convegno, devo conoscere la sua storia nei dettagli anche se ancora non ci siamo mai viste. Il suo numero l’ho avuto dalla LIFC, la Lega Italiana Fibrosi Cistica. Perché Arianna ha la fibrosi cistica, e vorrei che raccontasse la sua storia: la storia di una persona che deve convivere con una malattia rara, una persona che per le conoscenze mediche di allora sarebbe vissuta poco e che invece è ancora qui a viversi la sua vita. Vorrei che venisse a testimoniare come sono cambiate le cose, perché anche se ‘la cura’ che fa scomparire tutto non c’è ancora, comunque ci sono ‘le terapie’, alcune di recentissima introduzione, che permettono di vivere meglio e molto più a lungo.
Arianna è una di quelle persone che di terapie ne ha provate tante – spesso anche inserendosi nei protocolli sperimentali – e che adesso assume l’ultimo farmaco reso disponibile dalla ricerca medica, l’ivacaftor (per approfondire leggi l’interista al Dr. Carnovale).
Al pomeriggio va meglio, Arianna ha finito di fare ginnastica respiratoria e aerosol – attività a cui deve necessariamente dedicare diverse ore al giorno – e passiamo più di un’ora al telefono. All’inizio sono un po’ in difficoltà nel farle le domande ma il ghiaccio lo rompe lei: “A me non dà fastidio parlare della malattia – mi dice – anzi, io so di avere una malattia rara che pochi conoscono, e se mi chiedono perché ho la tosse o perché faccio fatica a camminare a lungo, a me fa piacere spiegarglielo”. E così le domande diventano una lunga chiacchierata.
“Per me i primi problemi si sono manifestati con il malassorbimento: solo a 4 anni mi hanno fatto la diagnosi di fibrosi cistica, che per quei tempi era una malattia piuttosto nuova. Li per lì si sono concentrati soprattutto sulla nutrizione, mi dicevano di mangiare molto: ero una bambina che poteva mangiare un sacco di dolci. Oggi, di conseguenza, mi ritrovo con il diabete. A mia madre avevano detto che non sarei vissuta molto a lungo, e invece sono ancora qui, anche se ultimamente me la sono vista davvero brutta, l’ultima volta c’era davvero rischio di non farcela. Con il passare del tempo i problemi hanno coinvolto anche i polmoni e quello che era semplice è diventato complicato. Anni fa, quando ancora stavo abbastanza bene ho preso un cane, ce la facevo a portarlo fuori, adesso invece devo pagare una ragazza che lo faccia uscire.
Prendere i mezzi pubblici non mi è più possibile, perché non posso fare il viaggio in piedi e il posto non si trova quasi mai. Di portare bottiglie di acqua in casa non se ne parla proprio, per fortuna ho dei vicini meravigliosi. La spesa di fatto me la fanno loro, io nei periodi migliori riesco a portare solo una busta davvero leggera. E’ come vivere avendo della colla nel naso e nei polmoni. I miei vicini lo sanno bene, ma non è facile spiegarlo a tutti: è difficile far capire che quando dico ‘oggi sto abbastanza bene’ vuol dire che sto comunque peggio di come starebbero loro con un brutto raffreddore. E’ questione di parametri, di punti di partenza”.
Arianna parla della sua vita con serenità: “Vado avanti curiosa di vedere cosa offre la vita, assaporare ogni secondo e viverla fino in fondo. Ringrazio Dio ogni giorno per quello che mi dà, perché so che niente è dovuto o dato per scontato. Certo anche io ho dei momenti di sconforto, per esempio, quando mi hanno detto che forse avevo un tumore, mi sono detta ‘ma perché tutte a me, una sola malattia non basta?’, sono momenti, però poi passa, ci sono i bassi e ci sono gli alti. Per un periodo, per esempio, dopo aver cominciato la terapia con ivacaftor, sono stata meglio, peccato che poi mi sono dovuta operare di poliposi – anche questo un effetto secondario della fibrosi cistica – ho avuto altri problemi e ho dovuto interrompere la terapia per due volte. Ora l’ho ripresa e speriamo che anche stavolta faccia effetto. A me piace, nel tempo libero, creare oggetti di artigianato, lavorare con le mani mi rilassa moltissimo. Vorrei partecipare ai mercatini, ma in questo momento sarebbe faticoso, creo i miei oggetti e poi vedremo, magari miglioro di nuovo”.
L’ultimo pensiero della nostra chiacchierata va a chi nasce oggi con la fibrosi cistica: “a mia madre avevano detto che non doveva fare troppi piani per il futuro – dice – ma oggi è diverso, i giovani pazienti, nella sfortuna della malattia, sono comunque fortunati: fin da piccoli faranno un’alimentazione migliore e magari non avranno il diabete come me, i nuovi farmaci miglioreranno le condizioni polmonari, e anche la loro qualità della vita sarà migliore. Quando sono nata io c’era ben poco, i medici hanno perfezionato le loro conoscenza su quelli della mia generazione, su di noi hanno sperimentato terapie che stanno arrivando ora: per le generazioni future questa parte importante di cammino è già stata fatta”.