Il giovane medico, che ora lavora in Canada, ha individuato un metodo per stratificare i pazienti in base alla prognosi di sopravvivenza
Canada - Il dott. Marco Mura, professore assistente alla Schulich School of Medicine and Dentistry presso la University of Western Ontario (Canada), ha recentemente ricevuto il premio “IPF Research Award” istituito dalla European Respiratory Society (ERS), la principale organizzazione professionale europea nel campo delle malattie respiratorie, e sponsorizzato dall’azienda biotecnologica InterMune, sviluppatrice e produttrice del primo farmaco per la IPF.
Il dott. Mura ha ricevuto il riconoscimento per il suo studio sul “Risk stratificatiOn ScorE” (ROSE), un punteggio multidimensionale utilizzato per predire la sopravvivenza dei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF). La premiazione ufficiale è avvenuta durante il congresso annuale dell'ERS (7-11 settembre 2013, Barcellona, Spagna).
“La fibrosi polmonare idiopatica – spiega Mura a Osservatorio Malattie Rare - ha una prognosi molto sfavorevole, simile a quella di una neoplasia maligna. La malattia inizia di solito inizia molto prima dell'insorgenza dei sintomi. Il decorso clinico è molto variabile da paziente a paziente e a volte il ritmo di progressione cambia anche nello stesso individuo. Questo rende la valutazione prognostica difficile. Il risk stratification score è un punteggio basato su semplici test non invasivi che è in grado di predire la sopravvivenza dei pazienti dal momento della diagnosi fino a 3 anni.”
Si tratta dunque di uno strumento che può migliorare la vita dei pazienti: “Il risk stratification score – continua Mura - permette di stadiare la malattia ed è semplice da ripetere ad ogni visita di controllo. Il punteggio fornisce ed aggiorna la valutazione prognostica e quindi consente di avviare la valutazione per il trapianto polmonare o, in futuro, altre terapie, in maniera tempestiva.”
L'IPF Research Award viene conferito ogni anno ai giovani ricercatori che, attraverso il loro lavoro, contribuiscono al progresso della ricerca scientifica nell'ambito dei disturbi respiratori e, in particolar modo, della fibrosi polmonare idiopatica, una malattia polmonare non neoplastica che è caratterizzata dalla formazione di tessuto cicatriziale all'interno dei polmoni. La IPF è una patologia rara che colpisce circa 5 milioni di persone in tutto il mondo e di cui tuttora non si conoscono le cause esatte. “Mi ha fatto molto piacere – spiega Mura - essere stato selezionato dalla società scientifica a cui appartengo da anni, e i fondi ricevuti permetteranno di continuare lo studio.”
Il dott. Mura si è laureato nel 2001 all'Università di Bologna, dove ha conseguito anche il Dottorato in Scienze Pneumo-cardio-toraciche. Si è ulteriormente formato all'Università di Roma Tor Vergata e ha usufruito di borse di studio presso la University of Toronto (Canada), grazie alle quali ha svolto importanti attività di ricerca nel campo del trapianto di polmone, dell'ipertensione polmonare e delle malattie polmonari interstiziali. La sua carriera di ricercatore è caratterizzata da un gran numero di pubblicazioni scientifiche su riviste specializzate di rilievo internazionale e da molteplici riconoscimenti, tra cui il David Bates Award for the Best Clinical Research Presentation (2010), lo University Health Network/Mount Sinai Hospital Fellowship Award (2010) e l'Entelligence Young Investigators Award (2011). Attualmente lavora, in qualità di professore assistente, alla Schulich School of Medicine and Dentistry presso la University of Western Ontario (Canada).
“ La mia scelta è ricaduta sul Canada sia per ragioni personali che professionali. Riguardo a queste ultime, apprezzo molto l'indipendenza di cui gode il ricercatore all'interno della propria divisione, e la varietà di problematiche cliniche a cui si è esposti. C'è inoltre un buon bilanciamento tra attività clinica, di insegnamento e di ricerca.”
Non possiamo però non domandarci se la scelta di Mura di lavorare così lontano dall’Italia dipenda dal fatto che nel nostro Paese essere oggi un ricercatore è piuttosto difficile.
“Credo che in Italia sia difficile stabilizzare la propria posizione. Anche io come molti altri ho lavorato in Italia e all'estero come precario per anni e anni. In Italia però credo che la retribuzione sia inadeguata anche per gli strutturati e questo li costringe a volte a dedicarsi all'attività clinica privata. Riguardo ai fondi di ricerca, non è facile averli né in Italia né all'estero.”