9 pneumologi su 10 ritengono che il ritardo diagnostico impatti negativamente sui malati. Pubblicata la ricerca condotta da Boheringer Ingelheim
L’88% degli pneumologi ritiene che il ritardo nella diagnosi della fibrosi polmonare idiopatica impatti negativamente sui pazienti. Lo rivela una ricerca condotta da Boheringer Ingelheim che ha coinvolto 400 medici pneumologi provenienti da 10 diversi Paesi.
Il ritardo diagnostico rallenta drammaticamente la possibilità dell’avvio precoce della corretta terapia, oggi in grado di rallentare la progressione della malattia. Questo perché ricordiamo che per la Fibrosi Polmonare Idiopatica non esiste cura definitiva, ma la ricerca farmacologica ha fatto enormi passi in avanti, rendendo disponibili farmaci in grado di migliorare nettamente la vita dei pazienti.
La fibrosi polmonare idiopatica è una patologia polmonare progressiva e potenzialmente mortale. Diagnosticarla non è facile, richiede una serie di esami specifici e in media passano da uno a due anni dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi. In circa la metà dei malati, la malattia non viene diagnosticata poiché i sintomi sono simili a quelli di altre patologie respiratorie, quali broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), asma e insufficienza cardiaca congestizia.
Eppure, oltre l’80% dei malati presenta crepitii polmonari caratteristici, che ricordano il suono prodotto dal velcro, individuabili all’auscultazione con lo stetoscopio.
Nel sondaggio, il rallentamento della progressione della malattia è stato indicato come il maggior beneficio derivante dall’avvio della terapia (81%) e la motivazione principale che guida gli pneumologi nella scelta della terapia (78%). Al secondo posto tra le motivazioni che orientano la scelta terapeutica gli pneumologi hanno indicato il miglioramento della qualità di vita (63%).
Cosa è più importante che i malati sappiano? Il 77% dei pneumologi interpellati ha risposto: quali opzioni terapeutiche esistono e il 68% sapere che la malattia è imprevedibile e le condizioni potrebbero cambiare improvvisamente.
Quando i medici pensano all’impatto della malattia, riferiscono: dispnea (54%), funzionalità polmonare (21%) e riacutizzazioni (13%). Al progredire della malattia, infatti, la funzionalità polmonare declina in maniera progressiva e irreversibile con conseguente aumento delle difficoltà respiratorie e riduzione della capacità dei polmoni di ossigenare in modo sufficiente gli organi vitali.
Le riacutizzazioni, ossia il rapido peggioramento della funzionalità, respiratoria, rappresentano un rischio per tutti i malati e possono verificarsi in qualsiasi momento senza avvisaglie e senza che se ne conosca la causa. Influiscono sul decorso della malattia, portando spesso al decesso entro pochi mesi.
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