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Dopo il successo del progetto pilota statunitense anche Israele pensa di introdurre il test


Un semplice test genetico, condotto sulle gocce di sangue che vengono di routine  prelevate ai neonati nell'ambito dello screening neonatale, potrebbe individuare anche i bambini affetti da immunodeficienza combinata grave, comunemente conosciuta come SCID. Il termine SCID in realtà comprende diverse malattie genetiche caratterizzate da displasia del timo, la ghiandola nella quale i linfociti T, cellule del sistema immunitario, vanno incontro a importanti processi di maturazione prima di essere rilasciati nel flusso sanguigno dove diventeranno immunologicamente funzionanti.

Nonostante esistano diverse forme della malattia a seconda dei linfociti coinvolti, i pazienti affetti da SCID presentano sintomi comuni tra cui infezioni del tratto respiratorio, diarrea cronica e problemi alla crescita e, se il sistema immunitario non viene ripristinato correttamente, attraverso isolamento del paziente, terapia con antibiotici e trapianto di cellule staminali ematopoietiche o terapia genica, la malattia risulta sempre fatale.

In un articolo pubblicato il mese scorso su Rambam Maimonides Medical Journal, il Dr. Raz Somech dell'Università di Tel Aviv analizza la possibilità di allargare il pannello di screening neonatale alla SCID, come è già avvenuto in diversi stati USA.Diversi studi recenti hanno infatti riportato un tasso di mortalità più elevato nei neonati affetti da SCID e non sottoposti a screening rispetto ai neonati testati alla nascita, inoltre è stato dimostrato che lo screening è conveniente anche dal punto di vista economico, nonostante la rarità della malattia.

Tra tutti gli approcci allo screening considerati, il test del TREC (T cell receptor excision circles) è risultato il più semplice da eseguire, in quanto viene svolto direttamente sulle gocce di sangue che vengono prelevate di routine al neonato.Durante la maturazione del linfocita avviene un riarrangiamento casuale del DNA che codifica per le catene proteiche di cui sono composti i recettori del linfocita, in modo che esso sia poi in grado di riconoscere un maggior numero di antigeni.Durante questo processo si ha la formazione di un prodotto di DNA circolare che viene escisso, chiamato appunto TREC, che può essere rilevato nel sangue, misurato mediante un semplice saggio di PCR quantitativa e rappresenta un marcatore di questo riarrangiamento e quindi della corretta attività del timo.

Secondo gli autori, oltre a identificare una vasta gamma di immunodeficienze, il test TREC può essere utilizzato per valutare la ricostituzione immunologica in pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo e  per monitorare l'andamento della terapia nei casi di infezione da HIV, che provoca anch'essa disfunzione e involuzione del timo.I primi risultati, che vengono dal progetto pilota americano, sono molto incoraggianti: più di un milione di neonati sono stati sottoposti a screening e questo ha permesso di individuare 14 casi di SCID, 6 di varianti di SCID e 40 casi di immunodeficienza di altro tipo, rendendo la SCID la prima malattia a carico del sistema immunitario ad essere inclusa in un programma di screening.

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