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Sempre più opzioni terapeutiche sono disponibili per i pazienti adulti, ma per le forme neonatali solo lo screening può garantire una diagnosi tempestiva e una terapia risolutiva



Il 22 Aprile 2014, di fronte alla Sapienza, Università di Roma, l'associazione Pro IDP, sincronizzandosi con decine di città nel mondo, ha aperto la settimana dedicata alle Immunodeficienze Primarie lanciando in aria palloncini con lo slogan "Test- Diagnosi-Trattamento". In questa occasione Osservatorio Malattie Rare ha intervistato la Prof.ssa Quinti e la Prof.ssa Duse dell'Università La Sapienza di Roma, specialiste in ambito di immunodeficienze.

"Le immunodeficienze sono un gruppo di più di 200 malattie rare, caratterizzate da un difetto del sistema immunitario - spiega la Prof. Isabella Quinti, Responsabile del Centro Regionale per le Immunodeficienze Primitive, Policlinico Umberto I di Roma - Ogni singola malattia è caratterizzata da un particolare difetto, che si riperquote su tutto il sistema immunitario. Per alcune di queste patologie è possibile la diagnosi genetica e quindi anche la diagnosi prenatale. Per altre patologie ciò non è ancora possibile. E' fondamentale ricordare quali sono i campanelli d'allarme per poter riconoscere queste patologie: infezioni recidivanti e scarsamente rispondenti alla terapia antibiotica, ma anche malattie infiammatorie. Raramente i pazienti possono avere manifestazioni autoimmunitarie o neoplasie. In alcuni casi la neoplasia può essere il sintomo di esordio."

"La malattia si presenta in modo estremamente variabile - continua Quinti - ma fortunatamente oggi i trattamenti a disposizione sono moltepllici.
Per i difetti anticorpali, che sono i più frequenti, abbiamo la possibilità di trattare i pazienti con la terapia sostitutiva con le immunoglobluline. Per altri difetti l’unica possibuilità terapieutica è il trapianto di midollo tra i 3 e i 6 mesi di vita. Su pochissime immunodeficienze è stata testata anche la terapia genica."

"Le forme patologiche più gravi sono certamente quelle infantili - spega la Prof. Marzia D'USe dell' Immunologia pediatrica Policlinico Umberto I, la Sapienza, Roma - Fino a un po’ di tempo fa difficilemnete i pazienti arrivavano all’età adulta. Attualmente queste malattie sono meglio riconosciute, quanto più prontamente riconosciute prima si può intervenire. Possono essere identificate anche tramite screening neontale: una realtà negli USA e in Israele."



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