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Un team italiano ha illustrato un complesso caso clinico: in letteratura sono solo 10 gli studi che riportano complicazioni orali associate a questa rara malattia metabolica

Bari – Il primo medico a riportare un caso di manifestazioni orali nell'iperossaluria primitiva (PH) è stato il dr. R.T. Glass, che nel 1973 le osservò in un paziente con questa diagnosi post-mortem. Da allora, solo altri 9 casi sono stati segnalati in letteratura: in questi pazienti l'età variava fra i 7 e i 55 anni e la manifestazione più comune era rappresentata dalla malattia parodontale. L'ultimo studio che descrive queste rare complicazioni, in una malattia a sua volta rarissima, è di un team delle Università di Bari, Foggia e L'Aquila, recentemente pubblicato sulla rivista Special Care in Dentistry.

Le iperossalurie primitive (PH) sono un gruppo di rare malattie metaboliche a trasmissione autosomica recessiva, che provocano un'alterazione nel metabolismo del gliossilato e dell'ossalato. Queste condizioni sono caratterizzate da una maggiore produzione endogena di ossalato, un prodotto metabolico terminale, che porta a una sua eccessiva escrezione urinaria, con conseguente iperossaluria e formazione di cristalli di ossalato di calcio, insolubili. A causa della deposizione di questa sostanza, i reni subiscono un progressivo deterioramento e vanno incontro a urolitiasi (calcoli nelle vie urinarie), nefrocalcinosi e malattia renale allo stadio terminale.

Fra i pazienti con PH, circa l'80% soffre della forma di tipo 1 (PH1), caratterizzata da depositi sistemici di ossalato di calcio monoidrato (ossalosi) che possono portare a gravi disturbi a livello di ossa, cuore, tessuto oculare, tiroide, linfonodi, pelle, arterie e pareti venose, cervello, meningi e ghiandole salivari. A meno che non venga eseguito un trapianto di fegato e rene, questa condizione provoca rapidamente la morte nella maggior parte dei pazienti.

In alcuni rari casi, come ha evidenziato lo studio, a queste complicanze se ne possono aggiungere altre: manifestazioni orali come ipodonzia (mancanza di 1-6 denti) e microdonzia (anormale piccolezza dei denti), dolore dentale, riassorbimento radicolare (patologia della radice dentale), malattie parodontali e alterazioni ossee. Questi disturbi possono essere provocati sia dalla malattia primaria che dal paratiroidismo secondario dovuto all'insufficienza renale cronica, così come dalle sequele del trapianto o dai trattamenti farmacologici protratti.

Il caso clinico riportato dall'équipe italiana è quello di un bambino di 9 anni affetto da iperossaluria primitiva di tipo 1. In seguito al coinvolgimento renale legato alla malattia, il paziente è stato sottoposto a dialisi dall'età di tre anni, e quando ne aveva cinque ha affrontato un trapianto combinato di fegato e rene. A sette anni, infine, per il verificarsi di una sordità secondaria indotta da farmaci, si è dovuto ricorrere all'inserimento di un impianto cocleare. Al momento della visita, il bambino presentava diversi dismorfismi facciali, era in trattamento con farmaci immunosoppressori e riceveva una terapia mensile a base di antibiotici e corticosteroidi.

Il trattamento ortopedico-ortodontico è stato lungo e complesso: gli specialisti hanno effettuato un esame intraorale ed extraorale, nonché un'analisi radiografica, per definire una diagnosi accurata e pianificare correttamente la riabilitazione. Il primo step è stata l'azione correttiva della maschera di Delaire, un apparecchio ortopedico che consente di aumentare lo sviluppo mascellare superiore, nei casi in cui questo stia crescendo meno rispetto alla mandibola, e che il bambino ha dovuto indossare per ben tre anni e mezzo. In seguito all'utilizzo della maschera, sia i rapporti scheletrici che quelli dentali sono migliorati, raggiungendo un buon allineamento delle arcate dentali; è stata inoltre realizzata una gengivectomia laser per eliminare l'iperplasia gengivale probabilmente indotta dall'assunzione di ciclosporina. Infine, al termine del trattamento ortodontico, è stata eseguita una ricostruzione estetica degli incisivi centrali superiori per la chiusura di un diastema. I risultati finali, nel complesso, sono stati soddisfacenti.

“È chiaro che questo tipo di paziente richiede un'anamnesi accurata, un intervento tempestivo, un'attenta valutazione dentale e parodontale, buoni standard di igiene orale e un'appropriata gestione delle forze ortodontiche per raggiungere risultati positivi e stabili nel tempo”, sottolineano gli autori dello studio. “La diagnosi e il conseguente intervento precoce sono molto importanti, specialmente nei pazienti con malattie rare. Il nostro approccio multidisciplinare ci ha permesso di ottenere risultati accettabili, evitando il ricorso a tecniche chirurgiche invasive e aumentando allo stesso tempo la scarsa compliance del paziente e la sua qualità di vita”.

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