Il prof. Michele D’Alto (Napoli): “Durante l’emergenza COVID, simili servizi sono stati di grande aiuto per i pazienti, sia dal punto terapeutico che psicologico”
L'ipertensione arteriosa polmonare (IAP) è una malattia rara caratterizzata da un’elevata pressione del sangue all'interno dei vasi arteriosi del polmone. L’alterazione strutturale delle arteriole polmonari determina, infatti, un'aumentata resistenza al flusso del sangue pompato dal cuore, e ciò comporta un progressivo affaticamento per il ventricolo destro che può culminare nello scompenso cardiaco anche a esisto fatale. “Il periodo della pandemia, specialmente la prima ondata (marzo-maggio 2020), è stato un momento terribile per tutti, ma ancor di più per gli individui affetti da patologie croniche e per i soggetti fragili come quelli con IAP”, spiega il prof. Michele D’Alto, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell’ipertensione polmonare dell’Ospedale Monaldi di Napoli. “Questi pazienti hanno un circolo polmonare estremamente malato e una polmonite interstiziale, come quella del COVID-19, potrebbe essere letale. Per tale motivo, dietro indicazione dei medici di famiglia e dei medici del centro di riferimento, le persone con IAP si sono letteralmente ‘barricate’ in casa”.
“Durante la pandemia, ci sono stati due ordini di problemi”, chiarisce D’Alto. “Il primo è stato l’accesso alle visite: nei pazienti stabili abbiamo dovuto inventare una modalità nuova, quella del teleconsulto via web o via telefono, assicurando comunque l’accesso in ospedale ai pazienti che realmente ne necessitavano. Un secondo problema è stato l’approvvigionamento dei farmaci che, per le persone con IAP, sono dei presidi salvavita. Non tutti i pazienti, infatti, hanno un caregiver, cioè un familiare o un amico, disponibile ad andare in farmacia al loro posto, e il rischio che queste persone rimanessero senza la terapia prescritta, con enorme detrimento per la loro salute, appariva abbastanza alto”.
Proprio per tentare di risolvere questa specifica problematica, garantendo ai pazienti affetti da IAP la necessaria continuità terapeutica in assoluta sicurezza, la casa farmaceutica Bayer si è attivata concretamente potenziando le proprie attività di Patient Support Program e lanciando, attraverso la collaborazione con la società Healthcare Network Partners (HNP), un servizio per la consegna a domicilio del farmaco iloprost (Ventavis®), servizio che è stato attivato fin dalla prima insorgenza della pandemia e che resterà in corso per tutto il 2021.
“Healthcare Network Partners Italy è un’azienda specializzata nello sviluppo e nell’erogazione di servizi nel mondo dell’healthcare, con un’offerta che spazia dalla tecnologia alla comunicazione, passando per la consulenza e con un particolare focus in programmi di supporto ai pazienti (PSP) di varia natura e con varie finalità”, spiega Gianni Belletti, Operation Manager di HNP. “Nell’ambito dell’ipertensione polmonare arteriosa, HNP collabora da diversi anni con Bayer nella progettazione e gestione di soluzioni a supporto dei pazienti e dei centri clinici. Dal 2019, ad esempio, HNP gestisce un progetto di supporto tecnico per l’addestramento dei pazienti all’utilizzo del dispositivo medico Breelib®, necessario per l’inalazione del medicinale iloprost, sia presso il domicilio dei pazienti, sia presso i centri ospedalieri che attivano il trattamento con il farmaco. Inoltre, nell’ambito di questo servizio, è fornito un supporto per la consegna dei consumabili. In seguito, a marzo 2020, il contesto emergenziale derivante dal COVID-19 ha reso potenzialmente pericoloso, per pazienti e caregiver, il ritiro dei farmaci presso le farmacie, siano esse ospedaliere o di ASL territoriali; inoltre, il carico di lavoro sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale ha determinato un rallentamento o una temporanea sospensione di diverse attività assistenziali non strettamente legate alla gestione della pandemia. Stanti tali premesse, Bayer ha chiesto ad HNP di attivare e gestire un servizio per la consegna del farmaco iloprost al domicilio dei pazienti in trattamento”.
“Questo servizio di Home Delivery, erogato con il supporto del nostro partner logistico PHSE - prosegue Belletti - è attivo per tutti i pazienti che ne facciano richiesta e decidano di aderire, e prevede il ritiro del farmaco iloprost dal centro clinico o dalla farmacia ospedaliera e la consegna dello stesso, entro 48 ore dal momento del ritiro, al domicilio del paziente. I ritiri e le consegne del farmaco vengono programmati con il personale della farmacia ospedaliera e con i pazienti aderenti e il medicinale viene trasportato con mezzi e contenitori che garantiscono una temperatura controllata. Il servizio di supporto tecnico relativo al dispositivo Breelib® prevede, invece, il seguente flusso operativo: il paziente e/o il medico del centro clinico contattano il Call Center dedicato richiedendo la fornitura del device e l’addestramento all’uso dello stesso; il Call Center organizza, secondo le esigenze del paziente/medico specialista, la visita domiciliare di addestramento, in cui un infermiere di HNP provvede a consegnare il dispositivo, insieme ad un set di materiali consumabili, insegnando al paziente e/o caregiver il suo corretto utilizzo; il Call Center, infine, è sempre a disposizione del paziente per la consegna a domicilio di materiali consumabili o per qualunque esigenza e/o problematica tecnica”.
“Durante l’emergenza COVID-19, la consegna a domicilio dei farmaci è stata di grande aiuto”, sottolinea il prof. D’Alto. “Nessun paziente del nostro Centro è rimasto privo di trattamento e la continuità terapeutica ha favorito una notevole stabilità clinica. Un ulteriore e non trascurabile vantaggio è stato quello psicologico: il paziente si è sentito realmente al centro di un progetto di cura che prevedeva una presa in carico completa e totale. Nonostante le mille difficoltà create della pandemia, infatti, i contatti (virtuali o in presenza) tra medici e pazienti non si sono affatto interrotti e la terapia è stata erogata con regolarità. È stato un momento bello e solidale che ha rinforzato il legame dei pazienti tra loro, con la relativa associazione (che ha fatto da tramite segnalando le varie necessità) e con i medici del Centro di riferimento. Una delle lezioni più belle che la pandemia ci ha insegnato - conclude l’esperto - e che non si può prescindere da una rete di collaborazione e solidarietà”.