Stampa

D’Armini (Pavia): “In Gran Bretagna sono più esperti di noi perché c’è un unico centro, Cambridge, a cui tutti i pazienti vengono inviati”

L’Italia, grazie al centro di cardiochirurgia della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico “San Matteo” di Pavia, è uno dei 5 migliori centri al mondo per la endoarteriectomia polmonare (EAP), tecnica chirurgica che libera i pazienti dalla IPCTE – ipertensione polmonare cronica tromboembolica. L’eccellenza è stabilita dall’esperienza e dai risultati, cioè dal numero di pazienti operati ogni anno e dai dati di mortalità. Ci superano solo San Diego, l’unico centro americano dove la tecnica è nata, Parigi e Cambridge che ha ormai raggiunto da solo i numeri degli americani. Il motivo dell’eccellenza inglese è in una perfetta organizzazione del sistema, che potrebbe essere auspicabile importare anche da noi. Osservatorio Malattie Rare ha chiesto al Prof. D’Armini direttore della struttura semplice dipartimentale chirurgia trapiantologica cardiopolmonare e dell’ipertensione polmonare della fondazione IRCCS policlinico “San Matteo” di Pavia, di spiegarci questa ‘classifica’ dei centri ed il ‘segreto’ del modello inglese.


Professore per cominciare ci illustri i numeri di Pavia e degli altri quattro centri d’eccellenza.
Il primo centro al mondo per numero di interventi è certamente San Diego in California, la dove la tecnica è nata. Qui vanno di fatto quasi tutti i pazienti americani. Ne operano circa 150/160 l’anno. Tuttavia va detto che l’Europa è ‘più avanti’: noi di centri di eccellenza ne abbiamo quattro e complessivamente trattiamo più pazienti che negli USA. In Europa il primo centro europeo è Cambridge, che ha raggiunto una media di interventi vicina a quella di San Diego. Poi c’è Parigi, che opera mediamente 120 pazienti l’anno, e poi ci siamo noi di Pavia ed i colleghi del centro di Bad Nauheim in Germania con numeri molto simili. Da noi, negli ultimi 5 anni, la media è stata di 60 pazienti all’anno, ma quest’anno, che non è ancora finito, siamo già a 70 pazienti operati e contiamo di arrivare a 80-90 interventi all’attivo. Inoltre sia in termini di mortalità ospedaliera che di sopravvivenza a lungo termine siamo perfettamente in linea con gli altri 4 centri: meno del 5% la prima e di circa l’80% a 20 anni dall’intervento la seconda.

Quale è il sistema che ha permesso a Cambridge di divenire un centro così importante per questo tipo di chirurgia?
Il segreto è un ottimo sistema organizzativo. Gli inglesi sono stati lungimiranti e hanno fatto una cosa meravigliosa. Tutti i pazienti con sospetto di ipertensione polmonare di qualsiasi genere (oggi si conoscono cinque “gruppi” di ipertensione polmonare con cause molto diverse fra loro) individuati dai medici di base o dagli specialisti di qualsiasi città del Regno Unito devono essere inviati per la conferma diagnostica e, in caso affermativo, per la terapia farmacologica in soli 7 centri individuati su tutto il territorio della Gran Bretagna dall’equivalente del nostro ministero della sanità. Questo chiaramente facilita ai pazienti l’accesso a delle terapie altamente specialistiche e complesse e permette al sistema sanitario una capillare raccolta dati ed una razionalizzazione / ottimizzazione della spesa pubblica. Quando in uno di questi 7 centri viene individuato un paziente con sospetta IPCTE quest’ultimo deve essere inviato alla cardiochirurgia di Cambridge unico centro autorizzato a svolgere l’intervento di endoarteriectomia polmonare. È chiaro che, con un sistema così organizzato, un paziente già dalla fase del sospetto diagnostico viene inviato al centro esperto e non può sfuggire alla corretta diagnosi accedendo poi alla chirurgia: di fatto nel Regno Unito è proprio difficile che un paziente sfugga. È così che il centro di Cambridge ha acquisito enormi competenze grazie a questo continuo afflusso di pazienti, ai quali vengono sempre offerte le migliori competenze. Sarebbe un buon sistema, che si potrebbe ‘importare’, ma dubito che sarà possibile perché in Italia è ben difficile che un centro rinunci ad una sua competenza in favore di uno più esperto, e così abbiamo cardiochirurgie che eseguono l’operazione pur facendola su pochissimi pazienti l’anno, e dunque con minore esperienza.

 

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni