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Il punto all’Incontro italiano di aggiornamento sulle lipodistrofie

La lipodistrofia, o meglio le lipodistrofie, sono un insieme di patologie ereditarie o acquisite e che, a seconda dell’entità della perdita di tessuto adiposo, in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale o di uno stato catabolico, possono manifestarsi in maniera parziale o generalizzata. Ci sono ancora diversi problemi riguardo a queste malattie rare, tra cui la diagnosi ancora tardiva, la non corretta dicitura della patologia e il trattamento farmacologico, recentemente approvato a livello europeo, che ad oggi è disponibile solo per alcune tipologie di pazienti italiani, come concesso dalla Legge 326/2003 per i farmaci ancora in attesa di autorizzazione alla commercializzazione da parte di AIFA. Di questi temi si è discusso a Roma il 19 settembre, in un evento dal titolo: “Incontro italiano di aggiornamento sulle lipodistrofie”.

Le cause di queste patologie possono essere molteplici, sia di natura congenita che acquisita, anche il modo di presentarsi può essere diverso perché la perdita di tessuto adiposo può essere generalizzata, può essere parziale e quindi limitarsi ad alcune porzioni del corpo (arti inferiori, volto, etc.) e di riflesso l’accumulo può interessare altre zone”, ha sottolineato il prof. Ferruccio Santini, Unità Operativa di Endocrinologia dell’AOU di Pisa.

Sono malattie poco conosciute e quindi spesso poco diagnosticate in fase precoce. Nella maggior parte dei casi, il paziente si presenta agli occhi del medico già con le complicanze; le più frequenti sono il diabete mellito, l’ipertrigliceridemia, ipertensione, ingrossamento del fegato. La terapia ad oggi consiste nel limitare l’accumulo di grasso nelle sedi errate e quindi si agisce con una terapia comportamentale e consigli dietetici.

“Mancando il tessuto adiposo viene anche a mancare l’ormone leptina, che in genere segnala all’ipotalamo l’entità delle scorte energetiche; mancando la leptina si cerca in qualche modo di reintegrare queste scorte”, ha aggiunto il prof. Santini, proseguendo: “La terapia di elezione consiste in una terapia sostitutiva che fornisca l’ormone mancante in maniera da sostituire la funzione deficitaria”.

La leptina è un farmaco che andrebbe immediatamente messo in commercio perché la difficoltà che abbiamo avuto per poterlo ottenere attraverso le regolamentazioni dell’AIFA ci hanno fatto ritardare il trattamento di almeno 6 mesi. Questo ritardo, in caso di lipodistrofie particolari, può essere eccessivo per poter poi risolvere il problema. La leptina agisce a vari livelli metabolici ma anche a livello recettoriale cerebrale per cui il vantaggio sia ha non solo a livello metabolico ma anche nella qualità di vita (es. miglioramento della mobilità e quindi nel camminare, salire le scale etc) che è spesso limitata nei pazienti con malattia di una certa gravità”, ha evidenziato il prof. Marco Cappa, responsabile dell’Unità Complessa di Endocrinologia e Diabetologia del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero dell’Università di Tor Vergata e dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e Palidoro e membro del comitato scientifico A.Fa.D.O.C. Onlus.

Il farmaco funziona benissimo perché blocca determinati sintomi e riesce a far regredire certe complicanze della malattia, la cosa difficile è l’iter burocratico da espletare per riuscire ad avere la leptina importata. Sarebbe importante snellire questo iter burocratico”, ha precisato Valeria Corradin, vice-presidente AILIP-associazione italiana lipodistrofie.

Ad agosto 2018 la leptina ricombinante umana ha ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio in Europa. In Italia è possibile utilizzarla con limitazione ad alcune forme, e precisamente le forme generalizzate o quelle forme parziali gravi in cui le terapie convenzionali non riescono più a controllare il quadro patologico.

“Secondo le indicazioni dettate dalla Legge 326, dovremmo trattare i pazienti che sono metabolicamente più compromessi, però il pediatra dovrebbe fare una prevenzione visto che in alcune lipodistrofie quando già si evidenziano le disfunzioni metaboliche potrebbe essere troppo tardi per trattare. La terapia andrebbe iniziata il prima possibile anche quando le alterazioni metaboliche non sono ancora comparse. Serve quindi anche una diagnosi precoce con minimi segni clinici per intervenire prevenendo le alterazioni metaboliche”, ha aggiunto il prof. Cappa.

“Quando questi pazienti arrivano al centro di riferimento è spesso tardi, serve una diagnosi precoce, creando delle linee guida da condividere con pediatri e medici di base in modo da dare poche informazioni per far arrivare a un sospetto di malattia rara o lipodistrofia”, ha sottolineato Corradin.

E’ importante fare rete e creare un network tra centri più grandi, come quello di Pisa del prof. Santini, e centri con meno esperienza, in modo da avere una conoscenza più precisa del problema e dei sintomi iniziali, che possono essere dei campanelli d’allarme. Esiste un consorzio europeo che ha costruito un registro per avere una casistica abbastanza ampia; anche in Italia esiste un gruppo della SIE (società italiana di endocrinologia) che si occupa di queste malattie ed è in fase di costruzione una rete su queste malattie. “Sarebbe ideale avere un centro di riferimento al Nord, uno al Centro e uno al Sud collegati tra essi” ha evidenziato Valeria Corradin.

Attualmente, l’elenco ministeriale che codifica le esenzioni per malattie rare identifica le lipodistrofie con una terminologia errata. Si parla di “lipodistrofie totali” (codice RC0080), terminologia che potrebbe essere fraintesa e potrebbe non identificare correttamente tutte le forme di patologia esistenti, a danno dei pazienti. “La terminologia corretta, che stiamo portando avanti al tavolo delle malattie rare interregionale in collaborazione con il Ministero della salute è “lipodistrofia generalizzata” o “localizzata” e, dall’altro lato, “congenita” o “acquisita”. E’ importante identificare bene la patologia affinché i centri prescrittori possano prescrivere i nuovi farmaci adeguatamente a tutti i pazienti”, ha concluso il Andrea Lenzi, professore di Endocrinologia “La Sapienza” Università di Roma e presidente della Fondazione per la ricerca SIE.

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