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Intervista-video alla dr.ssa Marisa Santostefano, Unità Operativa di Nefrologia Dialisi e Ipertensione, Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna

Nella malattia di Fabry, tra gli organi più colpiti, oltre al cuore (con ipertrofia ventricolare sinistra, aritmie) e al cervello (con trombosi, emorragie), c’è anche il rene, con patologie croniche che possono progredire fino all’insufficienza renale terminale. Parlando di quest’ultimo organo, quando andrebbe eseguita la biopsia renale nei pazienti Fabry? L’argomento è stato discusso in occasione dell’evento “Time to Fabry”, che ha avuto luogo a Milano il 22 e 23 novembre scorsi.

Quando il rene, come succede spesso, è coinvolto dalla malattia di Fabry, si genera una nefropatia, quindi un danno renale che è progressivo e può portare alla dialisi”, ha sottolineato la dr.ssa Marisa Santostefano, Unità Operativa di Nefrologia Dialisi e Ipertensione, Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna. “La terapia va iniziata, in questi casi, il più precocemente possibile, e per poterlo fare è importante effettuare una biopsia renale, in modo particolare nelle donne, anche se non ci sono segni clinici e laboratoristici di coinvolgimento renale”.

Nella sua relazione all’evento, la dottoressa Santostefano ha precisato che la biopsia renale è l’unica metodica disponibile e affidabile per confermare o escludere la diagnosi di una nefropatia di Fabry precoce, anche se esistono, attualmente, pochi studi pubblicati sull’utilizzo della biopsia renale proprio nella diagnosi precoce.

La biopsia renale è una pratica invasiva, ma ad oggi sicura, perché i nostri dati di possibili complicanze maggiori indicano percentuali molto al di sotto dello 0,5%”, ha aggiunto Santostefano. “Quindi, la biopsia ha un ruolo fondamentale nella diagnosi perché è l’unica procedura che ci consente di iniziare la terapia e anche di far regredire la malattia, se questa è proprio all’inizio. Prima si fa la biopsia, prima si comincia la terapia, e prima si può tornare indietro da un processo di malattia già innescato”.

Nella sua presentazione, la dr.ssa Santostefano ha illustrato anche i criteri diagnostici canadesi, del 2017, inerenti alla malattia di Fabry, evidenziando l’importanza, per una diagnosi corretta, della presenza di segni tipici, rilevabili attraverso biopsia, che vanno interpretati da un patologo con esperienza specifica in questa malattia.

È stato anche precisato che, nella malattia di Fabry, la biopsia renale è indicata, tra l'altro: per la certezza diagnostica di nefropatia di Fabry in fase precoce, soprattutto nelle donne eterozigoti; per l’identificazione della forma clinica non classica per entrambi i sessi; in presenza di varianti genetiche di incerto significato; in caso di diagnosi di nefropatie sovrapposte e danno renale di eziopatogenesi incerta.

“La biopsia renale è importante anche perché la terapia della malattia di Fabry dura molte decadi, durante le quali è fondamentale che si conoscano gli effetti della stessa terapia sul rene”, ha concluso la dr.ssa Santostefano. “Sono in atto alcuni studi sugli effetti della terapia ripetendo la biopsia renale a distanza di un periodo congruo di trattamento, che deve essere almeno di 3-5 anni nel maschio e almeno 5 anni nel sesso femminile”.

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