La gestione della malattia di Fabry è controversa, soprattutto per quanto riguarda la terapia enzimatica sostitutiva. Con l’obiettivo di raggiungere un consenso e di arrivare quindi a formulare delle raccomandazioni condivise, un questionario è stato sottoposto a 15 esperti italiani della malattia e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista European Journal of Internal Medicine.
Il questionario è stato redatto dalle dottoresse Daniela Concolino, pediatra e genetista dell’Università Magna Grecia di Catanzaro, e Rossella Parini, dell’U.O.S. Malattie Metaboliche Rare dell’Ospedale S. Gerardo di Monza.
“Il test – ha spiegato la dr.ssa Concolino – è stato strutturato in quattro macroaree d’indagine: diagnosi, trattamento, gestione dell’infusione, esami per valutare la risposta alla terapia e la progressione della malattia”.
La metodologia Delphi, adottata per il questionario, prevede che i singoli partecipanti assegnino a ciascuna opzione di risposta correlata a ogni quesito o statement un punteggio da 1 a 5, in una scala dove 1 è il massimo disaccordo e 5 è l’accordo assoluto.
“Alcuni temi – continua la dr.ssa Concolino – hanno raggiunto il consenso già nelle fasi preliminari. Le risposte senza consenso sono state discusse nuovamente con un gruppo allargato e modificate per raggiungere il consenso. In seguito alla discussione plenaria è stato raggiunto un consenso sulla maggior parte delle dichiarazioni”.
Questi i punti sui quali gli esperti sono concordi: per aumentare l’efficacia terapeutica è fondamentale la diagnosi precoce, nonché un’accurata anamnesi familiare e la rivalutazione dell’albero genealogico in seguito a conferma della diagnosi. Nella gestione dell’infusione (della terapia enzimatica sostitutiva) occorre controllare i parametri vitali e la temperatura corporea, sia prima sia dopo l’infusione; in caso di reazione lieve-moderata interrompere l’infusione fino a regressione dei sintomi e riprenderla successivamente a velocità ridotta; in caso di reazione medio-grave sospendere l’infusione, somministrare cortisonici o antistaminici o adrenalina per via endovenosa; non aumentare il dosaggio di agalsidasi ma attenersi al dosaggio standard. Infine, per valutare la progressione della malattia e la risposta alla terapia occorre effettuare i seguenti esami, al basale e con follow-up di 6-12 mesi: anamnesi patologica e farmacologica, esame obiettivo e misurazione della pressione arteriosa, elettrocardiogramma, ecocardiogramma, microalbuminuria, proteinuria e urea plasmatica, RM e questionari sulla qualità della vita e del dolore.