I punteggi medi massimi di còrea sono diminuiti di 4,4 unità con il farmaco, contro le 1,9 del placebo
GERUSALEMME (ISRAELE) – Teva Pharma ha annunciato risultati positivi della nuova formulazione chimica del farmaco tetrabenazina, che ha dimostrato di migliorare la còrea nella malattia di Huntington. Si tratta di SD-809, forma deuterata della tetrabenazina (deutetrabenazina), una nuova molecola contenente deuterio che attenua il metabolismo del gene CYP2D6, aumenta l'emivita del metabolita attivo e può quindi portare a un'esposizione sistemica stabile, preservando allo stesso tempo l'attività farmacologica chiave. A stabilirlo è stato uno studio pubblicato sulla rivista americana JAMA, che ha valutato l'efficacia e la sicurezza del farmaco nel controllare la còrea, uno dei sintomi distintivi della malattia di Huntington.
La malattia di Huntington è una patologia ereditaria rara, autosomico-dominante, neurodegenerativa, progressivamente invalidante, riconoscibile con un test genetico nel DNA anche prima che si manifesti e che conta circa 6.500 persone ammalate in Italia ed oltre 35.000 a rischio di ereditare la mutazione.
Novanta pazienti adulti (età media 53,7 anni, 40 femmine e 50 maschi) con diagnosi clinica confermata da test genetico e punteggio basale al Total Motor Score (TMS) non inferiore ad 8 (range 8-28; il punteggio inferiore non consente diagnosi clinica di malattia di Huntington) sono stati inseriti nello studio fra il 2013 e il 2014 e trattati con SD-809 (deutetrabenazina) o placebo in doppio cieco in 34 centri di Stati Uniti e Canada partecipanti al network Huntington Study Group.
Le dosi di deutetrabenazina e il placebo sono state aumentate fino al livello ritenuto ottimale nel corso di 8 settimane e mantenute per altre 4 settimane, seguite da una settimana di washout. L'obiettivo primario era la riduzione del punteggio còrea del TMS, dal basale alla terapia di mantenimento.
Nel gruppo deutetrabenazina, i punteggi medi massimi di còrea sono migliorati da 12,1 a 7,7, mentre nel gruppo placebo sono passati da 13,2 a 11,3; la differenza media tra i gruppi era di -2.5 unità. Il successo del trattamento è stato misurato da quattro test: nel primo, il Patient Global Impression of Change (PGIC), si è verificato un miglioramento in 23 pazienti (il 51%) del gruppo deutetrabenazina, contro i 9 (il 20%) del gruppo placebo.
Secondo i risultati del test Clinical Global Impression of Change (CGIC), invece, il trattamento ha avuto successo in 19 pazienti (il 42%) del gruppo deutetrabenazina, contro 6 (il 13%) del gruppo placebo. I punteggi medi del questionario SF-36, nella sottoscala relativa alla funzionalità fisica, sono diminuiti da 47,5 a 47,4 nel gruppo deutetrabenazina e da 43,2 a 39,9 nel gruppo placebo. Nel Berg Balance Test, infine, non c'è stata una differenza significativa nel miglioramento: 2,2 unità nel gruppo deutetrabenazina e 1,3 unità nel gruppo placebo. I tassi di eventi avversi, tra cui depressione, ansia e acatisia (l'incapacità di stare o rimanere seduti), sono stati simili tra i gruppi.
Tra i pazienti con còrea associata alla malattia di Huntington, l'uso di deutetrabenazina ha dunque migliorato i segni motori dopo 12 settimane rispetto al placebo. “È un'evoluzione della vecchia terapia con tetrabenazina, più che un’autentica rivoluzione nella cura”, ha dichiarato il Prof. Ralf Reilmann, Direttore/Fondatore del George Huntington Institute di Muenster e membro del consiglio scientifico della Lega Italiana Ricerca Huntington (Fondazione LIRH), nel suo editoriale di accompagnamento all’articolo sullo stesso giornale americano JAMA. Sicuramente si potrà contrastare in una maniera più efficace la còrea, che rimane, però, soltanto una delle tante manifestazioni cliniche della malattia di Huntington insieme al declino cognitivo, al disturbo psichiatrico e alla perdita progressiva di coordinazione motoria. Soprattutto si spera in una migliore tollerabilità della deutetrabenazina rispetto alla vecchia tetrabenazina (xenazina), i cui effetti collaterali su aspetti cognitivi e sull’umore erano emersi nel precedente studio TETRA-HD.
“La deuterabenazina offrirà certamente nuove possibilità di terapia, ma sarà necessario confermare questi risultati su tempi più lunghi delle 12 settimane dello studio, facendo particolare attenzione a possibili effetti collaterali non emersi in un periodo così breve”, ha affermato il Prof. Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità di Ricerca e Cura Huntington e Malattie Rare dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e Mendel di Roma e Direttore Scientifico della Fondazione LIRH.