Il prof. Invernizzi (Università di Milano-Bicocca e Ospedale S. Gerardo di Monza) presenta le nuove linee guida sulla CBP: “Le indicazioni principali riguardano il riferimento ai valori di fosfatasi alcalina per stabilire la risposta alle terapie e l'arrivo di nuovi farmaci, tra i quali l'acido obeticolico”
MONZA – Otto anni dopo la pubblicazione delle ultime linee guida sulle malattie colestatiche del fegato, gli esperti europei hanno rilasciato un nuovo documento, questa volta dedicato esclusivamente alla colangite biliare primitiva (CBP). Sono anche le prime linee guida ad usare il nuovo nome per descrivere la malattia: nel 2014, infatti, durante un congresso monotematico internazionale organizzato proprio a Milano, la comunità dei pazienti aveva invitato gli operatori sanitari a sostituire il nome “cirrosi biliare primitiva” con “colangite biliare primitiva”. Solo una parte delle persone che vivono con CBP, in effetti, hanno la cirrosi, e i pazienti hanno riferito che il nome originale della malattia era associato a stigma sociale e confusione.
Le nuove linee guida dell'Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL) sono state presentate al congresso annuale dell'associazione, che si è svolto il mese scorso ad Amsterdam: l'evento più importante a livello internazionale in ambito epatologico, che ha visto una grande partecipazione, con la presenza di più di 9.000 persone provenienti da tutto il mondo. Gli autori del documento EASL, pubblicato sul prestigioso giornale Journal of Hepatology, dopo aver analizzato i dati presenti in letteratura, hanno redatto una serie di suggerimenti per la pratica clinica.
“La recente approvazione dell'acido obeticolico ha reso necessarie queste nuove indicazioni, insieme ad importanti progressi nella nostra conoscenza della malattia e nella gestione clinica dei pazienti”, ha spiegato Pietro Invernizzi, professore associato di Gastroenterologia, responsabile dell'U.O.C. di Gastroenterologia del S. Gerardo di Monza e del programma per le Malattie Autoimmuni del Fegato dell'Università di Milano-Bicocca. “Dalle precedenti linee guida del 2009 a cui avevo contribuito, abbiamo iniziato a sviluppare nuovi possibili farmaci per questa malattia e il primo di questi, l'acido obeticolico, è già disponibile da alcuni mesi negli Stati Uniti, e lo sarà anche in Italia e in altri Paesi nel mondo entro fine anno o all'inizio del 2018, dopo aver superato la fase di trattativa con l'Agenzia del Farmaco (AIFA) in Italia”. Il prof. Invernizzi è l'unico italiano ad aver preso parte alla stesura del documento, insieme al rappresentante italiano del Board EASL, il prof. Marco Marzioni, e ad altri cinque esperti europei.
La colangite biliare primitiva è una rara malattia epatica cronica che, se non trattata, può progredire nella fibrosi, nella cirrosi, nell'insufficienza epatica e nel decesso, a meno che il paziente non riceva un trapianto di fegato. Sebbene sia rara, è la più comune malattia epatica colestatica e colpisce prevalentemente le donne (che rappresentano il 90% dei pazienti) fra i 35 e i 60 anni di età.
La novità rappresentata dall'acido obeticolico (OCA) sopraggiunge circa 20 anni dopo l'introduzione dell'acido ursodesossicolico (UDCA), il farmaco di prima linea per la CBP. Ora, per i pazienti che non tollerano o non rispondono adeguatamente all'UDCA, c'è un'altra opzione terapeutica – l'OCA, appunto – per la quale occorre definire indicazioni e dosaggi.
“Soprattutto – prosegue Invernizzi – era necessario stabilire dei criteri per definire una risposta adeguata, utili ai clinici nella pratica, ma anche ai ricercatori per disegnare gli studi futuri per lo sviluppo di ulteriori nuovi farmaci. In altre parole, abbiamo stabilito un valore di riferimento per capire se la malattia è sotto controllo o se la risposta è incompleta, e quindi progredisce. Questo valore riguarda un enzima, la fosfatasi alcalina (FA), ed è di 1,5 volte rispetto ai valori di riferimento: se il paziente ha dei livelli di FA inferiori a 1,5 volte rispetto ai valori di normalità, la terapia sta avendo effetto; se invece sono superiori, come succede nel 30-40% dei pazienti con CBP, avrà bisogno di un ulteriore trattamento farmacologico”.
Il documento lascia spazio anche agli altri farmaci disponibili, come i fibrati, alle sperimentazioni in corso e alla gestione clinica di altri sintomi della malattia, come il prurito. Infine, per la prima volta, anche i pazienti hanno avuto la possibilità di rivedere le linee guida prima della pubblicazione, designando un rappresentante delle associazioni europee di riferimento.