Sembra uscita direttamente da una delle tavole di Stan Lee, con la mascherina colorata e il fisico scolpito e ha una storia che, più ancora dei supereroi della Marvel, meriterebbe di approdare al cinema. Arjola Dedaj è una splendida atleta che, qualche giorno fa all’Olympic Stadium di Londra, si è laureata Campionessa del Mondo nel salto in lungo categoria T11, spiccando un balzo dalla pedana di 4,65 metri e lasciandosi alle spalle la giapponese Takada (4,49 m) e la cinese Zhong (4,44 m).
È doveroso anticipare che Arjola è affetta da retinite pigmentosa una malattia ereditaria degenerativa della retina che causa una perdita progressiva della visione notturna e del campo visivo periferico, abbassando in maniera drastica l’acutezza visiva e conducendo anche alla cecità.
Arjola era ipovedente quando, insieme al padre e al fratello, è giunta da Tirana nel nostro paese per cominciare una nuova vita. Ma la malattia sembrava non volerle lasciare vie d’uscita tanto che, con il tempo, la sua vista è quasi praticamente sparita, concedendole solo una vaga percezione della luce e dell’oscurità. Ciononostante, Arjola non si è abbattuta e ha continuato a lottare con la grinta che le è propria, dedicandosi prima alla danza (disciplina in cui ha vinto diverse competizioni) e vincendo poi sei scudetti nel baseball per non vedenti. Cinque anni fa ha debuttato nell’Atletica Leggera Paralimpica, facendosi notare per i buoni risultati ottenuti nella corsa e nel salti in lungo T11. Nello stesso tempo l’incontro con Emanuele De Marino (anch’egli atleta paralimpico e vincitore della medaglia di bronzo sui 400 metri in categoria T44 a Londra) le ha dato la serenità e la felicità che cercava quando ha iniziato il suo viaggio. La “Coppia dei Sogni”, molto attiva sui social network, sta facendo parlare di sé con una pioggia di risultati sportivi che rappresentano un invito a sognare e non darsi per vinti.
Il palmares di Arjola comprende due medaglie d’argento nel salto in lungo T11 e nei 200 metri e una di bronzo nei 100 metri vinte all’esordio, ai Campionati Europei di Atletica Paralimpica di Swansea nel 2014. L’anno dopo ai Campionati Italiani Long Jump Indoor di Savona, Arjola ha oittenuto il record italiano nel salto in lungo (4,67 m) e, poco dopo, insieme a Marco La Rosa ha vinto il titolo nei 60 metri ai Campionati Italiani Paralimpici Indoor di Ancora. Prima della fine dell’anno ha vinto anche il titolo nel salto in lungo ai Campionati Paralimpici Assoluti di Atletica Leggera di Grosseto. La sua stella è luminosa proprio come il suo sorriso e nel 2016, al fianco di Elisa Bettini in veste di nuova guida, ha partecipato agli Europei di Grosseto, conquistando due medaglie di bronzo nei 200 metri e nel salto in lungo, e coronando il sogno di ogni atleta di partecipare alle Paralimpiadi di Rio.
Qualche giorno fa, all’età di 36 anni, quando la maggior parte degli atleti pensa già al ritiro, Arjola ha preso parte ai Mondiali di Londra e, guidata da Vanessa Palombini, ha saltato più in là delle difficoltà e degli avversari, ma soprattutto, oltre i limiti di una malattia che ha distrutto i suoi fotorecettori e compromesso la sua retina in maniera irreversibile. La retinite pigmentosa, infatti, è una malattia rara (circa 1 milione e mezzo di casi nel mondo) che si trasmette per via ereditaria secondo tre modelli di trasmissione: autosomico dominante, autosomico recessivo e legato al cromosoma X. Esistono anche forme sporadiche a conferma di come questa patologia sia legata ad un ampio pannello di mutazioni che richiedono di essere specificamente individuate per aprire la strada, nel prossimo futuro, a terapie di correzione quali la terapia genica, la quale è divenuta un’opzione di massimo interesse anche per il trattamento di altre malattie ereditarie dell’occhio come l’Atrofia Ottica di Leber, di cui è affetto anche Fabrizio Sottile, campione di nuoto paralimpico come Arjola.
“Quando ho capito che avevo vinto, ho pensato che i sacrifici pagano” - commenta Arjola, subito dopo aver centrato la medaglia e averla dedicata al fidanzato Emanuele Di Marino con il quale forma la “Coppia dei Sogni” - “L’importante è non arrendersi mai e superare i propri ostacoli.” E non si può certo dire che non ce l’abbia fatta Arjola, che ha saltato indossando la maschera disegnata per lei da Marta, figlia di amici, che l’ha trasformata non tanto in una super-eroina quanto più in un Esempio mondiale di resistenza, tenacia e voglia di lottare, in pista e contro la malattia.