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Lo strumento è stato donato dall’Associazione Toscana Retinopatici ed Ipovedenti (ATRI)

FIRENZE - L’Ospedale Universitario di Careggi a Firenze sta migliorando progressivamente le proprie tecniche di indagine genetica, settore di massima importanza per progredire nell’ambito delle distrofie retiniche ereditarie. Presso la Struttura Organizzativa Dipartimentale (SOD) di Diagnostica Genetica di Careggi, diretta da Francesca Torricelli, per completare la strumentazione già in dotazione e allo scopo di migliorare e velocizzare la ricerca delle varie mutazioni sarà infatti portato in questi giorni il ‘Bioruptor’ un costoso ma importante strumento.

A donarlo al Centro è stata l’ ATRI (Associazione Toscana Retinopatici ed Ipovedenti), guidata dal presidente Simone Vannini. L’associazione collabora da tempo con l’Ospedale Universitario di Careggi, sostenendo studi per trovare possibili soluzioni terapeutiche con cellule staminali e per individuare i geni mutati, responsabili delle patologie. In particolare, l’Associazione si è fatta carico in questi anni dell’acquisto di materiali vari. La nuova apparecchiatura arrivata in questi giorni porterà infatti a un grosso risparmio di lavoro, sveltendo la procedura per la preparazione del campione, ciò che permetterà di effettuare più analisi in un tempo limitato. La Struttura di Diagnostica Genetica di Careggi dispone già, del resto, di strumentazioni e software di ultima generazione (NGS Illumina), utili per analizzare “batterie di geni” contemporaneamente. L’apparecchiatura si inserisce nell’ambito di queste nuove tecnologie e faciliterà qualsiasi altra indagine genetica, anche non in ambito oculistico.
“Conoscere il gene mutato che causa la patologia – spiega Simone Vannini, presidente dell’ATRI – è di massima importanza perché permette di avere un quadro clinico diagnostico più preciso e di capire meglio le cause della patologia, con una prognosi più attendibile e usando in modo mirato eventuali farmaci e integratori. Permette inoltre di comprendere il tipo di trasmissione ereditaria all’interno della famiglia e gli eventuali rischi per la prole, oltre a consentire di accedere ad eventuali prossime terapie geniche”.

Le malattie retiniche a trasmissione ereditaria costituiscono una grande varietà di patologie visive cosiddette “rare” che, in diversi casi, già alla nascita portano alcune persone a presentare una situazione di cecità, mentre, in altri casi, i danni all’apparato visivo cominciano a manifestarsi in età più adulta. La perdita progressiva della qualità visiva porterà a sicura ipovisione e nelle patologie più gravi, alla cecità, con conseguenze devastanti per la vita individuale, familiare e lavorativa della persona e creando dunque un alto numero di disabili. Di queste patologie si occupa anche un network nazionale guidato da MAGI – Istituto di Genetica non profit che ha unito insieme gli specialisti della diagnosi clinica, genetica e include anche una serie di centri in grado di accompagnare il paziente dal momento del sospetto diagnostico e per tutto l’iter della terapia, riabilitazione e dell’eventuale inserimento nelle sperimentazioni cliniche più avanzate.
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