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Dott. Piero BarboniIl dr. Piero Barboni: “Il paziente non saprà qual è l'occhio trattato con la terapia genica, e neppure gli altri sperimentatori. Osserveremo i risultati nel corso dei due anni di follow up”

BOLOGNA – Un calo improvviso della vista ad un occhio, con la comparsa di una macchia bianca o nera al centro del campo visivo, che a distanza di uno-due mesi interessa anche l'altro occhio: è la Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber (LHON), una rara malattia neurodegenerativa mitocondriale per la quale in Italia è partita una sperimentazione con la terapia genica.

“Alcuni studi inglesi ci dicono che la prevalenza della LHON è di 1 su 30.000 nati. L'incidenza è invece di 4-5 nuovi casi l'anno”, spiega il dr. Piero Barboni, consulente oculista del servizio di Neuroftalmologia del Bellaria di Bologna e componente del team che porterà avanti la sperimentazione, guidata dal prof. Valerio Carelli. Gli altri ricercatori sono la neurologa Chiara La Morgia, l'oculista Michele Carbonelli, la farmacista Manuela Contin e l'ortottista Sara Silvestri.

“La malattia colpisce tipicamente giovani adulti maschi: fra i 15 e i 35 anni c'è l'incidenza maggiore, ma può insorgere a tutte le età. La macchia nel campo visivo si allarga e nel giro di un anno porta alla cecità. Raramente si ha un recupero, ma la vista non torna mai quella di prima”, continua Barboni.

“Per questi motivi la diagnosi precoce è importantissima, e una volta accertata la LHON, si hanno due opzioni terapeutiche: l'idebenone, un antiossidante che non ferma la malattia ma dà un miglior recupero (dal 20% al 40%) a distanza di un anno o due; oppure la terapia genica, che ha l'obiettivo di bloccare la patologia. A seconda dei casi si possono utilizzare contemporaneamente, ma non in questo trial”.

La sperimentazione, al via in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti, avverrà in due parti: una per i pazienti in fase acutissima (0-6 mesi dall'esordio) e una dai 6 ai 12 mesi. L'obiettivo è fermare la progressione della malattia nei pazienti portatori della mutazione G11778A, la più frequente (50-70%) sopra i 18 anni. Per partecipare al trial, i pazienti devono avere una vista minima.

“Il trial sarà in doppio cieco”, racconta il dr. Barboni. “Il paziente non saprà qual è l'occhio trattato, e neppure gli altri sperimentatori. Dopo aver praticato l'anestesia in entrambi gli occhi del paziente, inietterò il vettore virale contenente la proteina ND4 solo in un occhio randomizzato. Osserveremo i risultati nel corso dei due anni di follow up”.

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