Stampa
Paolo Ventura

Il prof. Paolo Ventura (Modena) illustra gli ultimi dati dello studio ENVISION e racconta il caso clinico del piccolo Manuel, affetto da una forma di malattia particolarmente severa

Modena – I dati degli studi clinici sono importanti ma spesso difficili da interpretare, specialmente quando si parla di malattie genetiche rare come le porfirie: per capire qual è l'effetto che può avere un farmaco sulla vita di una persona è più immediato vedere cosa accade davvero nella routine quotidiana di un centro di eccellenza. Grazie al prof. Paolo Ventura capiremo entrambi questi aspetti: l'internista, responsabile del Centro di riferimento regionale dell'Emilia Romagna per la diagnosi e la cura delle porfirie presso l'U.O. di Medicina Interna del Policlinico di Modena, ha infatti appena pubblicato come primo autore, sulla rivista Liver International, lo studio che riporta gli ultimi dati disponibili sul farmaco givosiran; lo stesso trattamento che nella pratica clinica ha somministrato con successo a un ragazzo con una forma molto severa di porfiria.

Le porfirie sono un gruppo di otto malattie metaboliche ereditarie causate dal deficit di uno degli enzimi della biosintesi dell'eme. Nel caso della porfiria epatica acuta, possono insorgere degli attacchi neuroviscerali in grado di mettere a rischio la vita del paziente: queste crisi provocano infatti intensi dolori addominali (spesso associati a nausea, vomito e costipazione), oltre a sintomi neurologici e psicologici.

GLI ULTIMI RISULTATI DELLO STUDIO ENVISION

Givosiran è il primo farmaco disponibile per la porfiria epatica acuta: già approvato sia negli Stati Uniti che in Europa, dall'aprile di quest'anno è disponibile anche in Italia. Lo studio randomizzato di Fase III ENVISION ha valutato l'efficacia e la sicurezza di questo trattamento. Nei primi sei mesi (fase in doppio cieco) i 94 partecipanti sono stati divisi in due gruppi, di cui uno assumeva il farmaco e l'altro il placebo; in seguito (fase di estensione in aperto), tutti i pazienti hanno proseguito la terapia con givosiran per 30 mesi.

I dati appena pubblicati sono relativi ai 24 mesi dall'inizio del trial, e continuano ad essere estremamente positivi, sia dal punto di vista biochimico (persistente normalizzazione dei livelli dei metaboliti tossici presenti), sia dal punto di vista clinico. Infatti, con la riduzione dei livelli di acido delta-aminolevulinico (ALA) e di porfobilinogeno (PBG), i pazienti non hanno più avuto attacchi acuti, né hanno fatto utilizzo di emina. Anche le persone trattate con placebo nel periodo in doppio cieco hanno ridotto e normalizzato i valori, con una conseguente diminuzione delle crisi acute e dell'utilizzo di emina: le loro condizioni cliniche, insomma, stanno diventando simili a quelle del gruppo che ha assunto givosiran fin dall'inizio della sperimentazione.

“Il farmaco è stato ben tollerato e gli effetti collaterali più frequenti sono simili a quelli già riscontrati dopo 12 mesi: reazioni al sito di iniezione, nausea, affaticamento, naso-faringite e cefalea”, spiega il prof. Ventura. “Nel corso della fase in aperto di questo studio, inoltre, i pazienti hanno compilato dei questionari riguardo la qualità di vita e l'effetto del trattamento sui sintomi cronici, un aspetto i cui contorni erano già stati delineati dallo studio EXPLORE: secondo i dati di questo trial, pubblicati nel 2019, i sintomi cronici sono stati segnalati dal 65% dei pazienti, e il 46% di loro li manifesta quotidianamente. Oggi lo studio ENVISION conferma che il trattamento prolungato con givosiran è in grado di causare un netto miglioramento di questi parametri, probabilmente per effetto della mancata esposizione prolungata dell'organismo ad alti livelli di metaboliti tossici ALA e PBG”.

IL CASO CLINICO DI MANUEL

Manuel (nome di fantasia) aveva dieci anni quando, nel 2019, fu ricoverato presso la Pediatria del Policlinico di Modena con una sintomatologia severa, complessa e invalidante: la collaborazione con i colleghi del Centro Porfirie di Modena ha portato alla diagnosi di una forma molto severa di porfiria acuta intermittente, con attacchi acuti, sintomi cronici e una polineuropatia di tale gravità da limitare in modo importante la mobilità. Per la sua età, non poteva essere inserito nella sperimentazione ENVISION, così i medici iniziarono il trattamento a base di emina: inizialmente le sue condizioni migliorarono, ma continuò ad avere degli attacchi e a sviluppare progressivamente la neuropatia.

Ormai era in sedia a rotelle: era talmente grave che abbiamo pensato al trapianto di fegato. Poi, finalmente, abbiamo potuto iniziare il trattamento con givosiran”, racconta Ventura. “Con la somministrazione mensile del farmaco abbiamo ottenuto un risultato strepitoso. Dal punto di vista biochimico la risposta è stata ottima: i valori di ALA e PBG si sono normalizzati e il ragazzo non ha più dovuto utilizzare l'emina, così abbiamo potuto rimuovere l'accesso venoso centrale che gli era stato inserito. Quando, due mesi dopo, Manuel ha ricominciato a camminare, ci siamo commossi”.

Oggi il ragazzo sta molto meglio: ha ripreso peso, e anche il tono dell'umore è migliorato. Soprattutto, cammina, anche se ha un piede equino che in futuro dovrà essere corretto con un intervento chirurgico. Ma se la sua diagnosi fosse stata più precoce, avrebbe potuto evitare le gravi manifestazioni che ha subito? “Se avesse iniziato prima la terapia con givosiran, probabilmente la riduzione dei tempi di esposizione a valori così elevati di metaboliti tossici avrebbe potuto prevenire lo sviluppo della polineuropatia e delle conseguenti difficoltà di deambulazione”, sottolinea Ventura. Per questo motivo, oggi che è disponibile un farmaco efficace, diventa essenziale la diagnostica: lo specialista deve saper riconoscere i segni e i sintomi di questa malattia, ovvero crisi addominali dolorose e ricorrenti, ipostenia (riduzione della forza muscolare) agli arti, dolore alla schiena e uno stato di agitazione che può arrivare a simulare una crisi psicotica acuta.

“Di fronte a questi sintomi, se la diagnosi differenziale esclude altre patologie, bisogna valutare l'ipotesi della porfiria”, conclude il prof. Ventura. “I casi sono sempre più frequenti, se li si cerca; perciò, il messaggio che ci lascia questo caso clinico è che non bisogna escludere questo tipo di diagnosi, anche in età pediatrica”.

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni