La dr.ssa Lidia Decembrino: “Le categorie più colpite sono i portatori di bypass cardiaci, i pazienti con galattosemia o severe disfunzioni epatiche e quelli in terapia con warfarin o agenti chemioterapici”
Pavia – La purpura fulminans è una patologia neonatale descritta per la prima volta dal chirurgo francese Octave Guelliot nel 1884, che si manifesta nella prima o seconda settimana di vita, provocata da un deficit congenito di fattori antitrombotici (proteina C o S). Può avere anche un'eziologia autoimmune o acquisita, ad esempio in seguito a infezioni da streptococchi, stafilococchi, meningite o varicella, e in questi casi può manifestarsi a qualunque età, con la comparsa sulla cute di macchie che diventano rapidamente necrotiche.
“In Italia non sono disponibili delle cifre sulla sua frequenza, ma si calcola che a livello globale la sua incidenza in omozigosi sia di un caso su 60.000-500.000. In eterozigosi (un caso su 75-500) è in genere asintomatica, ma può diventare ugualmente grave in presenza di una sepsi”, spiega la dr.ssa Lidia Decembrino, dell'U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico S. Matteo di Pavia. “Le categorie più colpite sono i portatori di bypass cardiaci, i pazienti con galattosemia o severe disfunzioni epatiche, e quelli in terapia con warfarin (un anticoagulante) o con agenti chemioterapici”.
La patologia provoca una microtrombosi dei vasi periferici, con conseguente necrosi emorragica cutanea, causa di inabilità se interessa i tessuti profondi. La trombosi, che occlude i piccoli vasi, può successivamente dar luogo a fenomeni cerebrali o a carico della retina. “Se non trattata, la grave complicanza aumenta in modo consistente la morbilità e la mortalità, e può portare rapidamente a sofferenza sistemica multiorgano, ad amputazioni o al decesso”, prosegue la dr.ssa Decembrino. “La miglior terapia disponibile è il Ceprotin, un concentrato di proteina C, da somministrare endovena o sottocute entro poche ore. È possibile utilizzare anche il plasma umano, ma non con la stessa efficacia”.
Una complicazione molto rapida e poco conosciuta, che può facilmente essere confusa con altre patologie simili: nonostante la presenza in letteratura di diversi lavori, sono pochi gli studi sulla forma acquisita, e ancora nessuno su quella congenita. “Per riconoscerla – conclude la dottoressa – occorre effettuare gli esami di laboratorio per dosare le piastrine, il fibrinogeno, i fattori di degradazione del fibrinogeno e le proteine C ed S”.