Il prof. Francesco Emma (Bambino Gesù): “I dati sull'efficacia nel bambino, pubblicati di recente, sono molto convincenti. Potremo correggere anomalie ossee e deformazioni”
Roma – Nel primo anno di vita del bambino, appena inizia a camminare, le gambe storte o un difetto di crescita potrebbero essere il campanello d'allarme di una rara malattia genetica chiamata rachitismo ipofosfatemico legato all'X (o ipofosfatemia legata all'X, XLH). Si tratta della forma più frequente di rachitismo genetico, ed è causata da una mutazione del gene PHEX, localizzato appunto sul cromosoma X. Per questo motivo, la madre affetta ha il 50% di probabilità di trasmettere la patologia ai figli (maschi o femmine), mentre il padre ha il 100% di probabilità di trasmetterla alle femmine, ma non ai maschi.
“Il rachitismo è un difetto di mineralizzazione dell'osso, con conseguente aumento di una sostanza detta osteoide, che nei bambini è causa di lesioni e deformazioni, come, ad esempio, le gambe storte o la conformazione anormale del cranio con la caratteristica fronte bombata”, spiega il prof. Francesco Emma, Responsabile della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Le loro ossa, più fragili e in crescita, tendono a deformarsi e sono più soggette a fratture. La malattia influenza la statura, solitamente inferiore alla media e asimmetrica: ovvero con tronco di dimensioni normali e gambe corte, al contrario di ciò che accade nel nanismo armonico, dove le proporzioni tra le parti sono rispettate”.
La diagnosi di rachitismo ipofosfatemico legato all'X si conferma con il test genetico, e la terapia classica si basa su supplementi di fosforo (3-5 dosi al giorno) e vitamina D: i pazienti, infatti, hanno un difetto di attivazione della vitamina D a livello renale. Questo trattamento sostitutivo deve proseguire per tutto il corso della crescita, aggiustandone i dosaggi, ed è necessario anche nelle donne in gravidanza. Nell'adulto (in cui la malattia prende il nome di osteomalacia) l'efficacia della terapia è discussa: il prof. Emma pensa che, se pur a dosi ridotte, sia probabilmente utile.
Per questa patologia è stato recentemente approvato, sia in Europa che negli Stati Uniti, l'anticorpo monoclonale burosumab, l'unico farmaco in grado di bloccare il meccanismo di malattia: “Burosumab blocca gli effetti dell'FGF23, una proteina che agisce sul rene ma anche su altri organi, fra i quali l'osso, i cui livelli sono molto elevati nel rachitismo legato all'X, causandone i sintomi. La terapia sostitutiva con fosforo e vitamina D compensa in parte gli effetti dell'FGF23, ma non può bloccarne completamente l'azione, in particolare a livello dell'osso”, prosegue Emma. “Le ossa, però, sono un organo dinamico: quindi, per poter riparare efficacemente le lesioni, bisogna iniziare ad assumere il burosumab in fase di crescita. I dati sul trattamento nel bambino, pubblicati di recente, sono molto convincenti e ci aspettiamo che questo farmaco consentirà di correggere e prevenire deformazioni ossee in molti bambini”.
Nell'adulto, i problemi sono diversi: dolori ossei, entesopatia, artropatie degenerative e pseudofratture; tutte complicanze che in genere si sviluppano lentamente nel tempo. Attualmente, in Europa, il burosumab non è ancora approvato per questa fascia d'età. Gli studi a disposizione nella popolazione adulta mostrano un miglioramento dei sintomi clinici e delle anomalie biochimiche: se il farmaco sarà approvato anche in questa popolazione, occorrerà identificare i pazienti che potrebbero trarne maggior beneficio.
“Esistono poi diverse altre forme di rachitismo: la forma carenziale, caratterizzata da livelli molto bassi di fosforo, è ormai rara nella popolazione italiana, ma si verifica ancora con una certa frequenza nei soggetti extracomunitari”, conclude il prof. Emma. “Esistono poi altre forme genetiche di rachitismo, caratterizzate anch'esse da livelli elevati di FGF23, nelle quali l'efficacia del burosumab deve essere ancora studiata”.